La zona del Ghouta orientale, enclave di ribelli alle porte di Damasco, è divenuta il tallone d’Achille per il regime di Bashar al Assad, e l’offensiva militare sembra ormai ineluttabile, riferiscono degli esperti. Questa regione a est di Damasco, sotto assedio da parte del regime dal 2013, è teatro di una grave crisi umanitaria e di sanguinosi raid aerei del regime. Molto strategica, la zona è restata sotto il controllo di ribelli, che da lì possono lanciare missili sulla capitale.
“La resistenza nel Ghouta orientale è diventata fonte di grande imbarazzo per il regime che si proclama vincitore”, afferma all’AFP Joshua Landis, specialista della Siria e professore all’Università dell’Oklahoma, negli Stati Uniti. In effetti, le forze di Assad sono riuscite a prendere il potere in più della metà del Paese, moltiplicando i loro successi negli ultimi mesi, grazie anche e soprattutto al sostegno militare dell’alleato russo.
I negoziati di pace si svolgono fuori dalla Siria, in Svizzera, e “il regime vuole convincere la comunità internazionale che l’opposizione di cui si deve occupare è molto limitata”, sottolinea il professor Landis. Una settimana fa, però, gruppi di ribelli sono riusciti ad assediate una base militare del regime proprio alla periferia del Ghouta, spingendo Damasco ad intensificare i bombardamenti.
L’enclave resta il “tallone d’Achille” del regime, spiega Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani: “Lì i ribelli sono potenti e rappresentano una minaccia diretta per la capitale”. Pur facendo parte delle quattro zone per le quali si era decisa una de-escalation militari, i combattimenti nel Ghouta non sono mai cessati. Anzi, la zona è bersaglio quasi quotidiano di attacchi aerei e d’artiglieria da parte del regime, cui rispondono i ribelli con lanci di razzi. A farne le spese sono i circa 400mila abitanti, che soffrono anche per mancanza di cibo e medicinali.