L’Italia è un Paese in cui l’accesso all’acqua potabile è (o dovrebbe essere) garantito al cento per cento della popolazione. Ma il dato risente ancora di limiti, dispersioni e malfunzionamenti. Siamo, da questo punto di vista, un Paese tra i primi del mondo, ma abbiamo ancora tanti difetti. E’ una constatazione che si può fare davanti ai dati forniti dall’Istat in occasione della giornata mondiale dell’acqua.
Gli italiani, sono privilegiati di fronte ai 2,1 miliardi di persone che hanno accesso difficile all’acqua diretta potabile e agli 844 milioni che non ce l’hanno del tutto e che devono pensare ogni giorno a come procurarsela. Secondo l’Istat, il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile dalle fonti di approvvigionamento presenti in Italia è di 9,49 miliardi di metri cubi nel 2015, pari a un volume giornaliero pro capite di 428 litri, il più alto nell’Unione europea. Tuttavia, poco meno della metà di tale volume (47,9%) non raggiunge gli utenti finali a causa delle dispersioni di rete. L’erogazione giornaliera per uso potabile è quantificabile in 220 litri per abitante, 21 litri in meno rispetto al 2012.
Le famiglie che non si fidano a bere l’acqua di rubinetto rappresentano ancora una quota considerevole, nonostante il grado di fiducia mostri un miglioramento progressivo ma altalenante. La percentuale passa dal 40,1% del 2002 al 29,0% del 2018, per un numero complessivo di famiglie pari a 7 milioni 500 mila. Notevoli le differenze territoriali: si passa dal 17,8% del Nord-est al 52,0% delle Isole, con la percentuale più elevata in Sicilia (53,3%), seguita da Sardegna (48,5%) e Calabria (45,2%). E per questo sono il 63% le famiglie in cui almeno un componente beve quotidianamente oltre un litro di acqua minerale. Il consumo più elevato si registra nelle Isole (69,0%), quello più basso al Sud (55,8%). Tra le regioni è l’Umbria a guidare la graduatoria (71,0%), per il Trentino-Alto Adige si registra il valore più basso (43,7%). Nel 2017, considerando tutte le famiglie italiane, la spesa media mensile calcolata per il consumo di acqua minerale è pari a 11,94 euro, in aumento dell’11,1% rispetto al 2016.
Nel 2018 si attesta al 10,4% la quota di famiglie italiane che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni. Tale valore, stabile rispetto al 2017, è ancora distante dai picchi rilevati a partire dal 2002, soprattutto da quello del 2003 (17,0%). Il disservizio investe in misura diversa tutte le regioni e interessa quasi 2 milioni 700 mila famiglie. Di queste, poco meno di 1 milione 800 mila, pari al 65,4%, vive nelle regioni del Mezzogiorno. La regione più disagiata è la Calabria, dove il 39,6% delle famiglie lamenta questa inefficienza. Grave anche la situazione in Sicilia (29,3%), ma in sensibile miglioramento rispetto all’anno precedente.
Viceversa, quote esigue si registrano al Nord-ovest e Nord-est (3,3% e 2,5%) mentre al Centro soltanto una famiglia su dieci dichiara che il servizio di erogazione è irregolare. Il 39,2% delle famiglie che lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua dichiara che il problema si presenta durante tutto l’anno. Per il 33,8% si verifica solo nel periodo estivo mentre per il 22,0% l’irregolarità è un problema sporadico. Rispetto alla spesa sostenuta, il 49,0% delle famiglie ritiene che il costo del servizio sia adeguato, il 43,1% lo giudica elevato. In quest’ultimo caso la percentuale raggiunge il 61,2% nelle Isole, è intorno al 50% al Centro e al Sud e si attesta su livelli molto più bassi nel Nord-ovest e nel Nord-est (33,4% e 34,6%, rispettivamente).