Stati Uniti e Talebani firmano a Doha uno storico accordo che potrebbe porre fine, dopo 18 anni, alla guerra in Afghanistan. Gli ‘studenti coranici’, nel 2001, favorirono il terribile attacco dell’11 settembre contro gli Usa, che risposero con i bombardamenti del 7 ottobre. Ora, dopo la firma in Qatar, si impegneranno a non ospitare l’organizzazione di attività terroristiche.
Da parte sua Washington, nel giro di poco più di un anno, si dovrebbe ritirarsi completamente dall’Afghanistan. Già nei prossimi 4-5 mesi, le truppe americane potrebbero scendere dalle attuali 13mila unità a quota 8.600. Queste truppe residuali dovrebbero lasciare il Paese nei successivi 10 mesi, a patto che i Talebani rispettino l’accordo. Nel contingente Nato, che ora supera le 16mila unità, ci sono tra gli altri 1.300 tedeschi, 1.100 britannici e quasi 900 italiani.
Gli osservatori attenti alla politica americana notano come la tempistica può aiutare la rielezione del presidente Donald Trump, che potrebbe sbandierare un successo ottenuto mentre lui era alla sua Casa Bianca.
La Farnesina, in una nota, saluta con soddisfazione l’accordo perché la convinzione italiana è che “non ci possa essere una soluzione militare al conflitto afghano”. Il ministero degli Esteri spera inoltre che i negoziati tra le parti afghane possano “presto spianare la strada a una pace e una sicurezza durature nel Paese”.
Ma sono estremamente delicate, queste discussioni tra le fazioni interne all’Afghanistan, che dovrebbero iniziare il 10 marzo ad Oslo: molti, e soprattutto le donne, temono il ritorno di un regime oscurantista contro di loro. I Talebani, dal canto loro, vogliono la liberazione di 5mila dei loro compagni in prigione. Secondo quanto riferito da funzionari americani, però, i negoziati intra-afghani non metteranno a rischio l’accordo firmato a Doha.
Ciò che conta, spiega il segretario di Stato Mike Pompeo, è che i Talebani rispettino gli impegni. Pompeo, pur presente in Qatar, non partecipa alla firma, anzi evita accuratamente di farsi fotografare assieme a quelli che sono ancora considerati terroristi. A firmare i testi sono l’inviato speciale Zalmay Khalilzad (americano di origine afghano, già ambasciatore Usa all’Onu) e il mullah Abdul Ghani Baradar. Quando i due si sono stretti la mano, i Talebani hanno gridato: “Allahu Akhbar”, Dio è grande.
Insomma, forse la guerra è davvero finita, a quasi un ventennio dall’attacco dell’11 settembre che portò ad una guerra dimenticata ma, pur sempre, combattuta. Alcuni dei soldati dispiegati in Afghanistan non erano nemmeno nati nel giorno in cui crollarono le Torri Gemelle, il Pentagono venne sventrato, il mondo stravolto. Non ci volle molto, per gli Usa, a far fuggire bin Laden dall’Afghanistan. Il Paese, però, è caduto per due decadi nell’abisso di un conflitto terribile, e i più deboli ne hanno pagato il prezzo.