L’Italia sta ipotizzando di ritirare i soldati impegnati in Afghanistan entro un anno. “Il ministro Elisabetta Trenta ha dato disposizioni al Coi (Comando operativo di vertice interforze) di valutare l’avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan”, riferiscono fonti della Difesa, aggiungendo che “l’orizzonte temporale potrebbe essere quello di 12 mesi”.
Una notizia definita “molto positiva” dai parlamentari del Movimento 5 Stelle nelle commissioni Esteri di Senato e Camera e accolta con grande entusiasmo da Alessandro Di Battista: “Il ritiro delle truppe dell’Afghanistan (di tutto il contingente entro un anno) è una splendida notizia. Ho lottato tanto per questo obiettivo e con me ha lottato tutto il Movimento. In Afghanistan abbiamo perso uomini valorosi nonché sprecato più di 5 miliardi di euro dei cittadini italiani. Ho appena parlato con Luigi Di Maio complimentandomi per la decisione. Si tratta di un altro successo di questo governo. Faccio i miei complimenti anche al ministro della Difesa, Trenta. Sarà bellissimo vedere i nostri soldati far ritorno già nei prossimi mesi”.
Non tutti gli esponenti politici, tuttavia, hanno reagito allo stesso modo. I deputati di Forza Italia della commissione Difesa della Camera, ad esempio, puntano il dito contro la ministra Trenta, ‘colpevole’ di non aver annunciato la cosa in Parlamento. “Apprendiamo ancora una volta da fonti di stampa quello che il Ministro della Difesa, Trenta dovrebbe dire in Parlamento. In questo caso si tratta dell’annuncio del ritiro entro un anno del nostro contingente in Afghanistan. Ricordiamo che solo poche settimane fa le Camere hanno approvato alla unanimità la partecipazione dell’Italia a questa ed alle altre missioni internazionali per l’anno 2018. Il governo, prima di proporre le sue determinazioni per l’anno 2019, farebbe bene a considerare che in materia di politica estera e di difesa, la continuità ed il consenso delle scelte rappresentano, nell’interesse del Paese e dei suoi Militari, un bene prezioso, un bene da coltivare e non certo da distruggere. Annunci e decisioni sbagliate possono compromettere la sicurezza dei nostri contingenti impegnati all’estero e la stessa sicurezza dell’Italia e dell’Occidente”, si legge in una nota congiunta firmata da Tripodi, Dall’Osso, Fascina, Fontana, Perego, Ripani, Siracusano e Vito.
Dalla Lega, però, si affrettano a chiarire: “Facciamo quel che serve per riportare pace e stabilità. Al momento nessuna decisione è stata presa ma solo una valutazione da parte del ministro per competenza”.
Usa e talebani, bozza di intesa su accordo di pace – Nel frattempo qualcosa si muove sul fronte internazionale. Secondo quanto riporta il New York Times citando il capo negoziatore Usa, Zalmay Khalilzad, Stati Uniti e talebani hanno raggiunto una bozza di intesa di principio per un accordo di pace, che potrebbe spianare la strada a colloqui di pace con Kabul. Al momento, continua il Nyt, restano dei punti di scontro sul cessate il fuoco che i talebani dovrebbero concedere e sul ritiro delle forze straniere. Dopo nove anni di sforzi, la bozza quadro è il passo avanti più grande per porre fine ai 17 anni di guerra, che sono costati decine di migliaia di vite.
Khalilzad guida da mesi la spinta diplomatica per convincere i talebani a negoziare con il governo afghano, ma i militanti si sono fermamente rifiutati, definendo le autorità di Kabul dei “burattini”. Le attività sono culminate in sei giorni consecutivi di colloqui in Qatar la scorsa settimana e nel weekend sia gli Usa sia i talebani hanno riferito di progressi. “Abbiamo una bozza di principio”, ha annunciato secondo il Nyt Khalilzad, che è arrivato a Kabul domenica per aggiornare le autorità afghane sui colloqui. Gli esperti hanno accolto rapidamente la dichiarazione come una pietra miliare, sottolineando che indica la volontà da entrambe le parti di trovare una soluzione al conflitto. Tuttavia non c’è ancora nessun accordo sulla tempistica del ritiro Usa, né su un cessate il fuoco, i principali punti di scontro su cui in passato sono affondati i tentativi di colloqui.
Sabato il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha detto che senza un calendario di ritiro progressi su altre questioni sono “impossibili”. Il capo negoziatore Usa, però, ha confermato che i talebani hanno accettato un nodo chiave per Washington, cioè quello dei porti sicuri: “I talebani si sono impegnati, con nostra soddisfazione, a fare il necessario per evitare che l’Afghanistan diventi una piattaforma per gruppi terroristici internazionali o per singoli terroristi”, ha detto al Nyt. Queste dichiarazioni danno peso alle notizie della scorsa settimana secondo cui i talebani avevano acconsentito a opporsi ad al-Qaeda e all’Isis in Afghanistan. L’invasione Usa del 2001 fu spinta dal fatto che i talebani davano rifugio ad al-Qaeda, ma oltre 17 anni dopo il gruppo jihadista sembra ridotto nella regione; anche se l’Isis è invece in crescita ed è una presenza potente nel Paese. Il presidente afghano, Ashraf Ghani, ha lanciato intanto un appello dicendo che i talebani dovrebbero “entrare in colloqui seri” con il suo governo. Le autorità di Kabul hanno chiarito che qualsiasi accordo fra Usa e talebani dovrebbe richiedere l’endorsement dell’Afghanistan.