Il consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni “ha verificato la persistenza sul mercato di offerte di servizi di telefonia fissa o convergenti con cadenza di fatturazione 28 giorni, ed ha conseguentemente deciso di avviare nuovi procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori responsabili della reiterata violazione”. Lo si legge in una nota dell’AgCom. L’Autorità ha deliberato inoltre “l’adozione di provvedimenti di diffida nei confronti di Tim, Wind Tre, Vodafone, Fastweb e Sky” responsabili di non aver “rispettato le prescrizioni in materia di chiarezza, trasparenza e completezza delle informative rese agli utenti, per quanto concerne, in particolare, la precisa indicazione del prezzo di rinnovo delle offerte a fronte di modifiche contrattuali nella fase di ritorno alla cadenza mensile della fatturazione dei servizi di comunicazione elettronica”.
In sostanza, l’Authority ha verificato due cose: 1) Nonostante la legge abbia vietato i contratti con fatturazione a 4 settimane, le Telco continuano a pubblicizzare nuove proposte tariffarie con il sistema che è stato definito “truffaldino” dalle associazioni dei consumatori. E’ vero che la legge ha dato 120 giorni di tempo alle Telco per mettersi in regola (scadenza 5 aprile), ma è strano che si continuino a proporre tariffe che fra un paio di mesi sarebbero fuori legge; 2) l’Authority ha rilevato anche che Tim, Wind Tre, Vodafone, Fastweb e Sky, nei casi in cui sono tornate alla fatturazione mensile (quindi, 12 fatture all’anno), si sono limitate a prendere la cifra complessiva annuale su 13 bollette e l’hanno divisa per 12 mantenendo l’aumento dell’8,6% surrettiziamente introdotto col sistema delle 4 settimane. Hanno cioé risolto l’aspetto formale, ma hanno lasciato un aumento che la ratio della legge (e l’Authority in altri suoi provvedimenti) hanno definito illegittimo.
L’Agcom ha inoltre sottolineato l’esigenza di “chiarire che eventuali modifiche dei suddetti costi sono conseguenza esclusivamente di scelte degli operatori e non del ripristino della fatturazione su base mensile”. Le diffide riguardano anche il mancato rispetto degli obblighi in materia di esercizio del diritto di recesso. L’Autorità ha messo in luce, a questo proposito, che: “deve essere garantito il diritto di recedere o di passare ad altro operatore, senza penali né costi di disattivazione, anche in caso di recesso da contratti con offerte promozionali”. L’Autorità, si legge ancora nel comunicato, sottolinea che “l’eventuale esercizio del diritto di recesso dal contratto comporta il venir meno di obblighi di pagamento di canoni previsti per modem o decoder forniti dall’operatore, nonché di ulteriori oneri relativi a costi di attivazione”. Infine AgCom ribadisce che “ai fini dell’esercizio del diritto di recesso devono poter essere impiegate tutte le medesime forme utilizzabili al momento dell’attivazione o dell’adesione al contratto”.
Tutto questo senza contare il sospetto di Agcom, esplicitato attraverso l’istruttoria in corso, che le Telco abbiano fatto (e stiano facendo) “cartello” su tariffe e sistemi di fatturazione in modo da non “dare scampo” al consumatore. Il sistema delle telecomunicazioni italiano, cioé, risulterebbe inquinato da un accordo sotterraneo tra le Telco per cui se il consumatore vuole uscire da una per passare all’altra non trova offerte migliori, anzi, tutte le Telco tendono a comportarsi allo stesso modo per dividersi comodamente un mercato “ingessato”