In Forza Italia la parola d’ordine deve essere ‘rinnovamento’, ma di partito unico a trazione leghista non se ne parla. E all’alleato Matteo Salvini viene riservata la stoccata: nessuna componente del centrodestra da sola è “autosufficiente”. Dopo settimane di silenzio, Silvio Berlusconi commenta i risultati dei ballottaggi per le elezioni comunali toccando profondamente la spaccatura che si sta consumando in seno al partito e rispolverando il ruolo e la natura di FI nel centrodestra. Con parole pesanti come macigni, il leader azzurro si rivolge prima di tutto ai vertici del partito, protagonisti di un battibecco mediatico a urne aperte, che proprio non è stato digerito dal Cav. L’intervista di Giovanni Toti, nella quale il governatore della Liguria lancia il guanto di sfida all’ex premier, praticamente autocandidadosi “per una profonda ristrutturazione”, fa infuriare Berlusconi per modi e tempi. Il ragionamento è chiaro: impensabile che si possa dare fiato alle trombe mentre gli italiani vengono chiamati al voto e, così facendo, favorendo la Lega. Una mossa “non gradita” che, secondo alcuni, voleva coprire la disfatta: Nello specifico, la vittoria di Claudio Scajola a Imperia, territorio del presidente ligure.
Nella sua analisi del voto che “chiude una lunga stagione elettorale cominciata il 4 marzo”, Berlusconi fissa il primo paletto: “Quello che vince è un centro-destra plurale”. Insomma, l’ipotesi che FI convogli in un unico partito, raccogliendo anche FdI, a guida Lega, è da escludere. Il leader azzurro difende le diverse anime della coalizione e, come alfiere italiano della grande famiglia del Ppe, è lapidario quando ribadisce che nel centrodestra “nessuna forza politica è autosufficiente”. Anche il buon risultato della Lega, spiega, si accompagna infatti “a una affermazione ancora più forte di liste e candidati civici, senza un chiaro riferimento di partito, espressione piuttosto di quella società civile che fatica a riconoscersi nell’offerta politica tradizionale”.
I dati arrivati a Villa San Martino fotografano infatti la Lega sempre più in ascesa al Nord, ma che non supera quota 20 per cento. Fratelli d’Italia cresce e di molto al centro, superando in alcuni casi anche il Carroccio e Forza Italia, mentre quest’ultima resta il baluardo della coalizione al Sud, grazie anche Noi con l’Italia che in alcune regioni traina la coalizione. Ecco allora che la sintesi parte da una asserzione di quasi ‘colpevolezza’ quando il Cav ammette che tutti i partiti necessitano di “rinnovamento” e Forza Italia in primis deve compiere “un’analisi precisa dei risultati regione per regione, per intervenire laddove i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative”. Berlusconi è ancora convinto che il voto al Movimento 5 Stelle sia “di reazione e di protesta emotiva e non di un’adesione consolidata e motivata”, mentre i partiti tradizionali “devono saper accogliere queste ed altre energie nuove e coinvolgerle in un progetto politico complessivo, espressione di quell’altra Italia che oggi non partecipa alla vita pubblica, ma che rappresenta il cuore pulsante del Paese”. L’uomo di Arcore resta comunque lontano dai riflettori, una pausa che sembra studiata a tavolino per aumentarne le attese. Archiviata l’ipotesi di essere eletto in Senato (le elezioni suppletive non garantirebbero infatti il risultato a favore del partito, anche con le dimissioni di un senatore forzista) in casa azzurra si lavora alle Europee del prossimo maggio, a cui Berlusconi ha tutta l’intenzione di partecipare.