Lasciare l’euro è una “tentazione” da non inseguire: se l’Italia vuole crescere al ritmo dell’eurozona deve fare i compiti a casa. A dirlo è il presidente di Societe Generale ed ex membro del comitato esecutivo della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, in una intervista a LaPresse. Secondo Bini Smaghi uno ‘Ius soli’ “intelligente” può aiutare il Pil del Belpaese, mentre il sistema bancario italiano paga anche le colpe della politica che ha “aspettato troppo prima di agire” sui crediti deteriorati e su alcuni istituti “più fragili”. Per il salvataggio delle banche venete e di Mps, il banchiere fiorentino non vede altra soluzione che arrivare a istituti “più snelli e redditizi”.
Il suo libro si intitola ‘La tentazione di andarsene’. In Italia, come in altri Paesi europei, c’è una corrente di pensiero che vede nell’uscita dall’euro una scorciatoia per superare i problemi dell’economia. Pensa che la vittoria netta di Emmanuel Macron in Francia possa essere il segnale di una ripartenza dell’Europa e dell’euro?
Sicuramente può spostare l’inerzia. C’era un po’ un senso di scoraggiamento tra chi cercava di contrastare questa idea populista che andandosene dall’Europa si possano risolvere tutti i problemi. Macron ha ridato coraggio.
L’Italia è uno dei Paesi più a rischio populismo ‘anti-euro’?
Dopo le elezioni in Olanda, in Francia e quelle che si terranno a settembre in Germania, quelle italiane saranno un appuntamento cruciale. La campagna elettorale costringerà i partiti a fare proposte più concrete, su Nato, Europa ed euro, e allora si capirà di più.
Lei spiega che l’Italia cresce meno di altri Paesi Ue non perché l’Europa sia una gabbia, ma perché il Belpaese non ha fatto i compiti a casa. Quali riforme servono ancora?
Le riforme sono iniziate ma vanno completate. Lavoro, Pubblica amministrazione, riqualificazione della spesa e giustizia civile: la lista non è cambiata, abbiamo fatto dei passi avanti ma bisogna continuare a realizzarli.
Il sistema bancario italiano sta soffrendo più di altri in questo periodo. Qual è la causa? Di chi è la colpa?
Non è tutto il sistema italiano a soffrire, ma alcune componenti più fragili che non hanno trovato la soluzione ai loro problemi. Forse si è aspettato troppo prima di agire. La politica ha aspettato che la crisi esplodesse in modo dirompente.
In Italia piovono le critiche sul bail-in, che non tutelerebbe abbastanza il risparmio e non avrebbe dovuto essere retroattivo. Lei che ne pensa?
Il bail-in è un frutto della volontà, ampiamente diffusa, che i soldi dei contribuenti non debbano essere usati per salvare gli investitori. E’ giusto che paghino prima azionisti od obbligazionisti che hanno rendimenti elevati. Il principio del bail-in responsabilizza gli azionisti e chi acquista bond. Poi è ovvio che se ci sono stati comportamenti non corretti i risparmiatori vanno tutelati.
Vede di buon occhio un salvataggio di sistema per le banche venete?
Alla fine ci saranno realtà ristrutturate più snelle che devono essere redditizie. Questo è fondamentale. Se questa prospettiva c’è una soluzione si trova, altrimenti si trova sempre il contribuente a pagare.
E il caso Mps?
Stiamo aspettando il piano industriale. Lo Stato è intervenuto ma ci vuole una prospettiva di ‘riprivatizzazione’, servono investitori industriali.