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Case green, in Italia l’84% degli edifici è vecchio

“L’Italia è caratterizzata da un parco immobiliare obsoleto che vede l’84,5% degli edifici italiani costruiti prima del 1990 (contro il 65,6% della Francia e il 75,3% della Germania), e da un basso tasso di rinnovamento edilizio, che in Italia è pari allo 0,85% all’anno (contro l’1,7% di Francia e Germania)”. Questo quanto emerge dal convegno di The European House-Ambrosetti dove sono state presentate le direzioni, tre soluzioni, da intraprendere per l’ammodernamento del patrimonio immobiliare italiano elaborate insieme con la Community smart building 2024.

Uno spazio ad hoc è stato dedicato alla direttiva Ue sulle Case green.

Da un punto di vista ambientale, secondo le stime di The European House-Ambrosetti, nel Paese l’efficientamento degli edifici può portare a una riduzione fino al 33% dei consumi energetici e fino al 5% di quelli idrici, abbattendo le emissioni di CO2 di circa il 20-24%. Da un punto di vista economico, se gli edifici più vetusti del parco immobiliare italiano fossero dotati di tecnologie smart i cittadini risparmierebbero 17-19 miliardi di euro netti all’anno e verrebbero abilitati investimenti per oltre 330 miliardi di euro. In questo scenario potenziale, “la filiera sarebbe in grado di abilitare la creazione di ulteriori 200mila posti di lavoro qualificati e specializzati”.

Tre le possibili direzioni chiave per agire a favore della trasformazione in chiave smart del patrimonio immobiliare del nostro Paese – spiega The European House-Ambrosetti – in modo da facilitare il contributo agli obiettivi di decarbonizzazione e riduzione dei consumi energetici previsti dal ‘Fit for 55’ e dalla direttiva Europea sulle prestazioni energetiche degli edifici (Epbd)”, chiamata più semplicemente ‘Case green‘. La prima: promuovere una revisione del sistema di incentivi per valorizzare e includere tutte le componenti che rendono smart un edificio, con il digitale sia per gli edifici in fase di nuova costruzione sia per gli edifici in ristrutturazione. La seconda: introdurre un ‘Libretto della casa‘ a valenza legale, per mappare in modo puntuale gli interventi, sia in termini di sicurezza che di valore dell’immobile. La terza: rafforzare e costruire le competenze necessarie alle filiere industriali delle tecnologie dell’edificio intelligente.

Inoltre servirebbe “un lavoro sulle competenze mancanti e da ‘costruire’; è necessario “rafforzare i sistemi di formazione già esistenti potenziando i programmi formativi attraverso curricula dedicati al settore degli smart Building, incentivando la collaborazione tra aziende e Its“.

“Con la recente pubblicazione della direttiva” sulle Case green – rileva Lorenzo Tavazzi, senior partner e responsabile dell’area scenari & intelligence di The European House-Ambrosetti – si rafforza il ruolo del settore degli edifici per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione. L’obiettivo prioritario di ridurre del 16% i consumi energetici degli edifici entro il 2030 rappresenta senza dubbio una sfida per l’Italia. Tuttavia, il nostro Paese può contare su una filiera legata agli edifici intelligenti in grado di generare un elevato valore economico e occupazionale”.

Nel 2022 – prosegue – “la filiera estesa degli smart building ha generato 174 miliardi di euro di fatturato e 38 miliardi di euro di valore aggiunto, dando occupazione a circa 515mila individui. Non solo. La filiera ha un significativo potenziale moltiplicativo nel sistema economico: ogni 100 euro investiti nella filiera estesa dell’edificio intelligente in Italia se ne generano ulteriori 187 nel resto dell’economia e per ogni 100 unità di lavoro dirette se ne attivano ulteriori 178 nel Paese”.

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