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Charlie Hebdo, tre anni fa l’attacco a Parigi: i francesi sempre meno ‘Charlie’

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Tre anni fa l’attacco contro Charlie Hebdo a Parigi inaugurava una serie di attentati che da allora ha provocato in Francia 241 morti, passando per la notte del Bataclan, il camion sulla folla a Nizza e il prete sgozzato nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, vicino Rouen. A tre anni di distanza da quell’attentato del 7 gennaio del 2015, che portò nel cuore dell’Europa le tecniche di attacco fino a quel momento viste in scenari di guerra lontani e in cui furono uccise 12 persone, i francesi si sentono però sempre meno Charlie. Il cosiddetto ‘spirito Charlie’ o ‘spirito dell’11 gennaio’, cioè di quella domenica in cui nel 2015 quasi quattro milioni di persone scesero in strada per dire ‘Je suis Charlie’, secondo un sondaggio dell’istituto Ifop è ancora maggioritario, ma i francesi che si sentono Charlie sono in calo.

Il 7 gennaio del 2015 i fratelli Saïd e Chérif Kouachi, francesi di origine algerina, fecero irruzione nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, noto per le vignette su Maometto, e uccisero 12 persone. Fra loro volti noti del giornale come l’ex direttore Charb e i disegnatori Cabu, Wolinksi, Honoré e Tignous. Ne seguì una caccia all’uomo, che si concluse solo il 9 gennaio con l’uccisione dei Kouachi in un raid delle forze speciali francesi, dopo che i fratelli si barricarono in una tipografia a Dammartin en Goele. Intanto anche Amedy Coulibaly fece delle vittime: il giovane l’8 gennaio uccise una poliziotta a Montrouge, vicino Parigi, e poi il 9 gennaio si barricò nel supermercato Hypercacher di Porte de Vincennes a Parigi, prendendo degli ostaggi. Gli attacchi dei fratelli Kouachi e di Coulibaly erano legati: il giovane chiese infatti la liberazione dei fratelli in cambio del rilascio degli ostaggi dell’Hypercacher. Il bilancio della crisi degli ostaggi al supermercato fu di quattro morti e anche Coulibaly fu ucciso. 

Stando al sondaggio Ifop, il 61% dei francesi si sente ancora ‘Charlie’. Si tratta sì della maggioranza, ma anche del 10% in meno rispetto a gennaio del 2016. Il direttore generale aggiunto dell’Ifop, Frédéric Dabi, ricorda però che all’inizio del 2016 non era ancora stato assorbito il colpo degli attentati della notte del Bataclan, quella del 13 novembre 2015. Dabi, citato dal settimanale Marianne, aiuta poi a creare degli indentikit: chi si sente ancora Charlie e continua a schierarsi senza se e senza ma per la libertà di stampa è la Francia che va bene, quella del sì all’Europa e dei quadri, degli abitanti dell’agglomerato parigino o delle zone urbane di provincia; mentre i meno Charlie si trovano fra i giovani e fra gli abitanti delle zone rurali. Inoltre i pro Charlie si trovano nettamente di più a sinistra, e buona parte dei meno Charlie(il 38%) ritiene che con le sue caricature il giornale “si spinge troppo lontano”.

Oggi è in programma una commemorazione ufficiale, alla presenza del presidente Emmanuel Macron. Ieri intanto, proprio per mantenere vivo lo ‘spirito Charlie’, si è tenuto un pomeriggio di commemorazioni e dibattiti dal titolo ‘Toujours Charlie’, cioè ‘Sempre Charlie’, con dibattiti e commemorazioni. A organizzarlo tre associazioni: Printemps républicain, Ligue contre le racisme et l’antisémitisme (Licra) e Comité Laïcité République. E fra i presenti anche l’ex premier Mamnuel Valls e la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, nonché il caporedattore del giornale Gerard Biard. Nell’ultimo numero di Charlie Hebdo, uscito in edicola mercoledì, il giornale si è descritto come da “tre anni in una gabbia”. La libertà d’espressione “sta diventando un prodotto di lusso”, afferma il direttore Riss.

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