Alla base della mozione di sfiducia presentata contro il ministro dello Sport, Luca Lotti, e che verrà votata oggi in Senato, c’è l’indagine partita da Napoli, e arrivata per competenza a Roma, sulle presunte irregolarità in alcuni appalti della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione.
Il ministro è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio a seguito delle dichiarazioni ai pm dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, che avrebbe raccontato di esser stato avvertito dell’indagine penale della procura, tanto da disporre anche una bonifica degli uffici. Subito dopo aver saputo dell’inchiesta a suo carico Lotti si difese dicendosi estraneo ai fatti e chiese di esser sentito dai pm romani che lo interrogarono il 27 dicembre scorso.
Nella stessa indagine sono indagati per rivelazione di segreto d’ufficio anche il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e il generale di brigata dell’Arma, Emanuele Saltalamacchia.
Al centro dell’inchiesta l’imprenditore Alfredo Romeo e una gara di ‘facility management’, ovvero servizi per la pubblica amministrazione, del valore di 2,7 miliardi (FM4) bandita nel 2014 e suddivisa in 18 lotti, alcuni dei quali puntava ad aggiudicarsi.
Romeo, che è stato arrestato il 1° marzo per corruzione, prese parte alla gara per il lotto da 143 milioni di euro per l’affidamento di servizi in una serie di palazzi istituzionali a Roma, che andavano dalla pulizia alla manutenzione degli uffici. Per raggiungere il risultato Romeo, secondo le accuse, corrompeva il dirigente Consip Marco Gasparri, anche lui accusato di corruzione, affinché gli desse una serie di informazioni indispensabili per avere la meglio sugli altri partecipanti. Un sistema quello di Romeo nel quale, secondo la ricostruzione di Gasparri ai pm, l’imprenditore riteneva indispensabile pagare, poiché, a suo dire, tutti lo facevano.
Nel fascicolo dell’inchiesta romana, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi, sono indagati anche Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, l’imprenditore Carlo Russo, amico di famiglia di Renzi, e Italo Bocchino, ex parlamentare e consulente di Romeo. Tutti e tre rispondono di traffico di influenze, il reato che punisce forme di lobbying illecite dietro compenso o promessa di utilità.
La scorsa settimana la procura di Roma ha aperto un altro fascicolo di indagine, legato alla presunta fuga di notizie sulla vicenda a seguito della quale le indagini sono passate dal Nucleo operativo ecologico dell’Arma al Nucleo investigativo dei carabinieri romani.