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De Vito non si dimette e scrive a Raggi: “Non sono corrotto e voglio giustizia”

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Non si dimette, chiede e vuole avere giustizia: “Non sono corrotto né corruttibile e confido nella magistratura”. Marcello De Vito, presidente dell’assemblea del Campidoglio, dopo oltre un mese di carcere e dopo essere stato immediatamente cacciato ed espulso dal M5S dopo l’arresto per corruzione, ha preso carta e penna e ha scritto alla sindaca Virginia Raggi. Non accetta il giudizio già dato sulla sua persona, vuole combattere, non lascia la carica e prova “rabbia e delusione per la parole di abbandono degli ‘amici'”.

La lettera è arrivata oggi alla sindaca ed è una piccola bomba per il M5S impegnato nella battaglia sulle dimissioni di Armando Siri, il sottosegretario ai Trasporti della Lega, indagato per corruzione (si parla di mazzette promesse o ricevute in cambio dell’introduzione nel contratto di governo e in provvedimenti legislativi di norme sull’eolico) in cui i M5S fanno la voce grossa e la Lega è sulla difensiva.

De Vito, scorso nell’ambito dell’inchiesta sul costruttore Luca Parnasi. In sostanza, l’accusa è di aver chiesto soldi in cambio di interventi a favore dei progetti di Parnasi (stadio, ex fiera e altri) sul territorio della Capitale. A sostegno delle accuse, diverse intercettazioni in cui De Vito parla con il suo amico e legale Camillo Mezzacapo. De Vito avrebbe presentato Mezzacapo a Parnasi indicandolo come tramite per ricevere le mazzette dovute per i suoi interventi a favore di questo o quel provvedimento. Mezzacapo, infatti, ricevette poi incarichi di consulenze molto ben pagati. In alcune intercettazioni De Vito e l’avvocato discutono di quando procedere alla divisione dei soldi.

“In questo periodo – scrive De Vito nella sua lettera alla sindaca – ho pensato spesso, per il rispetto che ho verso l’istituzione, di dimettermi da presidente dell’Assemblea capitolina, carica che ho amato e che ritengo di avere svolto con onore e con piena cognizione dei suoi equilibri e tecnicismi. Ma non posso, non voglio e non debbo farlo! Credo con forza nella giustizia e giustizia con forza chiedo!”. 

De Vito si preoccupa anche del mese di assenza dovuto all’incarcerazione: “Darò tutte le mie forze – continua la missiva – per tutelare la vita della mia famiglia e la mia. Ai sensi del regolamento del consiglio comunale considero le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà nonché la sospensione e la temporanea sostituzione prive di presupposti”.

Poi la rivendicazione della propria correttezza: “Sono pronto per il giudizio. Non sono corrotto né corruttibile e confido nel pieno e positivo accertamento in tal senso da parte della magistratura. Nell’immediato ho provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli “amici”. Posso dire che ho ricevuto maggiore solidarietà delle persone in queste retrovie che in qualsiasi altro posto. E’ complesso far comprendere quanto queste mura possono insegnarti e farti ragionare sui valori di base. Posso dire che sono più forte di prima”.

De Vito si riferisce anche alle decisioni di “cacciarlo” prese da Di Maio e delle quali il capo del M5S si è spesso vantato in queste settimane: “Certamente in questo tempo mi sono chiesto cosa potrebbe decidere il nostro leader per se stesso, ove fosse sottoposto ad un giudizio: sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto online. Così come ho ricordato che il nostro codice etico prevede l’espulsione dal M5S solo in caso di condanna e non si presta ad opinabili interpretazioni a seconda dei casi o peggio, all’arbitrio del nostro leader”. E conclude con un durissimo attacco al movimento di cui ha fatto parte per anni fino all’espulsione decisa su due piedi da Di Maio: “Mai come in questo momento ho compreso che abbiamo perso totalmente i nostri valori fondanti della solidarietà, della coesione e della condivisione”.
 

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