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Dj Fabo, Cappato assolto dopo la Consulta perché ‘il fatto non sussiste’

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Era una sentenza attesa, dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale sul tema del fine vita, ma quando Marco Cappato è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di aiuto al suicidio per la morte di Fabiano Antoniani, l’aula della Corte d’Assise di Milano è esplosa in un applauso. Poi ci sono state lacrime e abbracci. Quello più lungo e intenso, tra Valeria Imbrogno, la fidanzata di Dj Fabo, e il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che nella sua requisitoria, come già aveva fatto il 14 febbraio 2018, aveva chiesto l’assoluzione per l’imputato. E che dopo la lettura della sentenza ha sottolineato come sia stata “una giornata storica e un grande risultato perché la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell’articolo 2 della Costituzione che mette l’uomo al centro della vita sociale e non anche lo Stato. Ora – ha aggiunto – è compito del legislatore colmare le lacune che ancora ci sono”. Un appello ripreso anche da Valeria, compagna di vita di Dj Fabo prima del grave incidente che nel 2013 lo aveva reso cieco e tetraplegico, e suo “angelo custode” nel lungo percorso della malattia e nella battaglia per poter morire senza soffrire e “libero come aveva vissuto”. “Fabiano mi avrebbe chiesto di festeggiare – spiega dopo il verdetto – siamo arrivati alla vittoria per lui. La battaglia continua per tutti gli altri, quando ha iniziato voleva che fosse una battaglia di libertà per tutti e oggi ci è riuscito”. E aggiunge: “Ora spero che avvenga anche qualcosa a livello politico”. Lo stesso auspicio espresso dall’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni. “Ora – dice – ci aspettiamo una legge”.

Per il procuratore aggiunto Siciliano, nel caso di Dj Fabo c’erano tutti i quattro requisiti indicati dalla Consulta per escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio. La Corte Costituzionale, per la rappresentante dell’accusa, ha tracciato un “percorso ben delineato” per disciplinare una “delicatissima materia” sulla quale il Parlamento non ha legiferato nell’anno di tempo indicato dai giudici. “Fabiano era un combattente – ha sottolineato ancora il magistrato – era una persona che la sua vita la determinava e questa caratteristica non l’ha mai abbandonato. Ha combattuto, ci ha provato, ha fatto anche terapie sperimentali. Poi ha capito che quelle grame condizioni lo avrebbero accompagnato fino a una morte che sarebbe intervenuta in condizioni per lui inaccettabili” e “ha autonomamente scelto di terminare quella esistenza”, opzione che “certamente gli è parsa più dignitosa” rispetto a continuare a vivere nella sofferenza.

In aula Cappato, che durante l’udienza ha ricevuto la notizia della morte della madre, ha deciso comunque di fare dichiarazioni spontanee per spiegare il perché della sua decisione di accompagnare Fabiano nella clinica svizzera Dignitas, vicino a Zurigo. Una decisione detatta da “una motivazione di libertà, di diritto all’autodeterminazione individuale, laddove non è la tecnica del tenere in vita o del far morire che è rilevante, ma la libertà di autodeterminazione, quella sì che è rilevante”. Anche l’avvocato Filomena Gallo ha parlato di “un atto di disobbedienza civile” e ha chiesto l’assoluzione in base a “principi costituzionali” come il “diritto all’autodeterminazione”. Gli avvocati Francesco Di paolo e Massimo Rossi, difensori di Cappato, avevano chiesto l’assoluzione dell’esponente dei radicali, ma “perché il fatto non costituisce reato” sollecitando la Corte di fare “un ulteriore passo avanti” e ad avere più “coraggio giuridico” , nella speranza di arrivare presto ad una legge sul fine vita.

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