“Come sempre molti parlano senza conoscere la legge”. Giuseppe Ayala, pubblico ministero al maxi-processo istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, spiega a LaPresse le ragioni per cui nonostante la sentenza della Cassazione, Totò Riina non può essere scarcerato e rimandato a casa.
“Ciascun detenuto” dice Ayala, “anche il più sanguinario, e Riina è un sanguinario, ha diritto di essere curato al meglio. Lo dice la legge che prevede il trasferimento, nel caso si renda necessario, in un carcere ospedaliero. Ne esistono molti in Italia e funzionano bene. Se poi si verificasse che le attrezzature a disposizioni non sono sufficenti a curare il detenuto malato, questi può essere trasferito in un ospedale normale, ben piantonato ovviamente. La scarcerazione non c’entra nulla con quel che dice la legge, dunque non si capisce perchè Riina debba lasciare il carcere e tornarsene a casa”.
Al massimo può dunque finire in ospedale?
Ovvio. E non si capisce perchè per un detenuto come Riina debba valere il percorso contrario a quello che si adotta per ogni essere umano. Se io sono a casa e sto male cosa faccio? Vado a curarmi in ospedale. Non vado dall’ospedale a casa. E’ un assurdo.
Lei ritiene Riina ancora un soggetto pericoloso. Uno ancora in grado di dare ordini anche dal carcere?
Non lo so, bisognerebbe far parte di una qualche cosca per saperlo. So però che viene ancora considerato il capo dei capi. Se è così, dopo 24 anni di detenzione con il 41bis vuol dire che lo stato su questo terreno ha fallito è stato sconfitto.
Va dunque rivisto il 41bis?
Se le cose stanno come ho detto e come in parte penso è venuto il momento che lo Stato rifletta su come modificare l’impianto del 41bis. E lo dice uno che quando Giovanni Falcone si trasferì a Roma al ministero di Grazia e Giustizia partecipò alla formulazione del decreto. Grazie anche ad una sentenza che venne pronunciata dal tribunale di Palermo, allora ero pubblico ministero, dopo la mia requisitoria.
A cosa si riferisce?
Feci condannare Gerlando Alberti all’ergastolo per un omicidio commesso mentre il boss era detenuto in carcere. Venne dimostrato che fu proprio Gerlando Alberti dalla sua cella a dare l’ordine. E su questo non ci fu mai alcun dubbio visto che la sentenza venne confermata anche dalla Cassazione. Diciamo pure che il 41bis venne costruito e modellato su quella sentenza ma oggi forse bisognerebbe cambiare qualcosa. Se Riina continua o ha continuato nei suoi 24 anni di detenzione a dare ordini, mi dispiace dirlo ma lo Stato ha perso. E lo dico con rammarico. Altro che scarcerazione di Riina”.