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Gentiloni lascia Chigi e scherza: “Non mi hanno mostrato la stanza dei bottoni”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Non so se qui ci sia una stanza dei bottoni: se c’è, a me non l’hanno mostrata“. Con ironia, ma anche rispetto per “la professionalità e la qualità di questa grandissima struttura”, Paolo Gentiloni saluta dipendenti e collaboratori di Palazzo Chigi, fa gli scatoloni come i suoi colleghi ministri (con alcuni di loro, tra cui Dario Franceschini, che hanno twittato foto di uffici chiusi e relativi commiati).

Insomma, tutto è pronto per il passaggio di testimone all’esecutivo M5S-Lega. “Dovrebbe arrivare un nuovo governo”, spiega lo stesso Gentiloni a funzionari e dipendenti di Palazzo Chigi. Come pronuncia queste parole, però, si rende conto che – anche dopo oltre 80 giorni di negoziati – la certezza ancora non c’è. E anche il personale ride per il verbo al condizionale. In effetti, il premier aveva presentato le dimissioni diverse settimane fa, con l’insediarsi del nuovo Parlamento. Ma prima di avere certezza sul suo successore, “siamo stati in questi 2 o 3 mesi in un’altalena”, dice il (quasi) ex capo di governo. Il presidente del Consiglio uscente ha ricordato che il suo mandato “completa un percorso di tre governi, assieme a quelli di Letta e Renzi”. “E non è la prima volta che ciò accade – prosegue il premier – se guardate i ritratti nella sala qui fuori, non è come nell’anticamera dello studio della cancelliera Angela Merkel, dove ci sono sette grandi ritratti ad olio, che sono i suoi predecessori dal dopoguerra ad oggi: noi, nello stesso periodo, abbiamo delle fotografie piccine e in bianco e nero, perché la frequenza è notevole”.

Insomma, anche la 17esima legislatura, chiusa con le elezioni del 4 marzo scorso, ha visto alternarsi diversi capi dell’esecutivo. Però “a cinque anni, comunque la si pensi dal punto di vista politico, noi lasciamo un Paese con più crescita e, tutto sommato, con più lavoro, con più diritti, con i conti in ordine. E c’è più sicurezza, avendo inferto dei colpi molto importanti al traffico clandestino di esseri umani”, sottolinea Gentiloni. Nonostante questo lavoro, però, restano “le cicatrici e le ferite della crisi più grave del nostro Dopoguerra, e il risultato delle elezioni è lì a ricordarcelo, in modo molto serio – prosegue – Bisogna prendersene cura, di queste cicatrici, della rabbia e del disagio, delle difficoltà economiche, delle paure che provocano. Tutto deve fare chi governa tranne mancare di rispetto ai risultati delle elezioni”, ha sottolineato il premier, pronto ora a vestire i panni del deputato semplice (e forse qualcosa di più, viste le dinamiche all’interno del Pd).

Gentiloni non cita nemmeno una volta il contratto M5S-Lega, ma sottolinea che non si deve “dilapidare il lavoro che è stato fatto in questi anni, perché risalire una china per cinque lunghi anni, come l’Italia ha fatto, non è semplice: è un lavoro che richiede perseveranza, costanza, impegno, sacrificio, professionalità. Per andare fuori strada non servono 5 anni, bastano pochi mesi, o addirittura settimane: se vi guardate intorno – ha detto Gentiloni – in giro per il mondo, avete esempi di Paesi che hanno scelto strade che hanno portato molto rapidamente a situazioni difficili”.

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