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Il Presidente FIGC Gravina e il ‘calcio nella nebbia’, ma a dettare legge saranno i diritti tv

Parole Gravina 16 marzo: le dichiarazioni del presidente della FIGC
Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

 C’è una frase nella lunga intervista rilasciata dal presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ai microfoni della Rai che non può scivolare inascoltata e, soprattutto, inosservata. Questa: “Stiamo navigando a vista in un clima di nebbia assoluta”. Significa, allargando il concetto oltre i nostri confini, cioè alla Uefa e alla Fifa, che non si capisce dove si andrà a parare. E così, procedendo come sostiene Gravina senza un orizzonte, si esplorano soluzioni tanto fantasiose quanto inapplicabili per il mondo del calcio: un doppio campionato, l’Europeo a novembre, campionati di apertura e di clausura come in Argentina, calendari di eurocoppe costruiti sulle sabbie mobili del ‘magari’ o dello ‘speriamo’. Bah e boh. Forse conviene restare aggrappati a un’altra considerazione del presidente federale. Questa: “Sono convinto che il 3 aprile sia una data probabilmente troppo vicina per pensare a una ripartenza immediata di tutte le attività, non solo quelle sportive ma anche quelle economiche. Per questa ragione ho iniziato a valutare l’ipotesi di una possibile ripresa all’inizio di maggio”. Ovvero tra un mese e mezzo.

Ora, con tutta la buona volontà e sempre nella speranza che di qui in avanti la situazione vada migliorando e non peggiorando, risulta difficile immaginare che il mondo dello sport, e più specificamente quello del calcio, sia nella condizione di scendere in campo (a porte chiuse o porte aperte) dopo due mesi di inattività, di allenamenti in casa, di palestre virtuali, eccetera eccetera. Ecco perché – crediamo – in questo momento delicatissimo per il Paese, dove il numero dei contagiati e quello dei deceduti si impenna giorno dopo giorno, sarebbe logico non fare un passo indietro, per carità, ma almeno stare fermi. E aspettare.

Il nodo, come sempre, sono gli interessi economici, legati in particolare ai diritti televisivi. Senza eventi sportivi, i palinsesti delle emittenti che scuciono centinaia di milioni per assicurarsi la possibilità di trasmettere le partite, sono allo stremo. E le ripercussioni ci saranno. Il calcio ha bisogno della tv, la tv (certa tv) ha bisogno del calcio. Un matrimonio di interessi che non può sopravvivere troppo a lungo in questa condizione, a costo di rivoluzionare tutto e tutti. In più, ma parecchio dietro, ci sono gli interessi di marketing e i correlati delle società, quelle più grandi ormai delle vere e proprie entertainment company. Tra qualche settimana magari le nebbie si saranno diradate. Magari.

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