In corso il dibattito alla Camera statunitense in vista del voto sui due articoli di impeachment a carico di Donald Trump, cioè sulle accuse di abuso di potere e ostruzione del Congresso. Per prima cosa i deputati decideranno sulle regole, cioè per determinare come si svolgerà il dibattito di oggi, ovvero chi parlerà e per quanto tempo. Una volta fatto questo si comincerà a discutere nel merito delle due accuse a carico del presidente degli Stati Uniti.
Intanto proprio Trump interviene su Twitter e si giustifica: “Potete credere che oggi sarò messo sotto accusa dalla Sinistra Radicale, dai Democratici Fannulloni, E NON HO FATTO NULLA DI SBAGLIATO! Una cosa terribile. Leggete le Trascrizioni. Questo non dovrebbe mai più succedere a un altro presidente. Dite una PREGHIERA!” ha scritto sul social.
La Camera, per usare le parole della leader dei democratici al Congresso Nancy Pelosi, eserciterà “uno dei poteri più solenni che le garantisce la Costituzione”. Se le accuse verranno approvate dalla Camera, spetterà poi al Senato organizzare il processo di Donald Trump, probabilmente a gennaio, ma i repubblicani che controllano il Senato hanno già avvertito che il presidente in quella sede verrà assolto.
Trump è accusato nell’ambito del cosiddetto . Secondo i democratici, lui e alcuni della sua cerchia avrebbero sottoposto a ricatto il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, bloccando degli aiuti militari cruciali per Kiev per spingere l’Ucraina a indagare sul democratico Joe Biden e sul figlio Hunter. Tutto è cominciato con la telefonata del 25 luglio fra Trump e Zelensky, in cui il presidente Usa chiese all’omologo ucraino di indagare sul rivale politico Biden, che sembra essere l’avversario più pericoloso in vista delle presidenziali del 2020. Trump nega che ci sia stato alcun ricatto. In una lettera inviata a Pelosi nelle scorse ore, si è scagliato nuovamente contro gli avversari politici Dem: “Dichiarate guerra aperta contro la democrazia americana”, ha affermato, aggiungendo che “la storia vi giudicherà in modo severo”. Prima di Donald Trump, solo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998 sono stati messi in stato d’accusa; il repubblicano Richard Nixon, travolto dal Watergate, aveva preferito dimettersi nel 1974 prima di una destituzione certa. Il tycoon vuole trasformare questa prova in vittoria politica: in un Paese diviso come non mai, pensa di galvanizzare la sua base e, grazie alla riuscita dell’economia Usa, di strappare la rielezione alla Casa Bianca il 3 novembre del 2020.