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In Kenya un centro di formazione spaziale sostenuto dall’Italia

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Un centro di alta formazione dove crescere una nuova generazione di professionisti africani specializzati nel settore aerospaziale. E’ la proposta che l’Agenzia Spaziale Italiana ha portato al Forum Internazionale dello Spazio svoltosi ieri a Nairobi. “Abbiamo raccolto un grande interesse”, spiega a LaPresse il direttore dell’Asi, Roberto Battiston, anticipando che l’Italia non solo si è fatta avanti in veste di capofila del progetto, ma metterà anche a disposizione il Centro Spaziale Broglio di Malindi in qualità di sede Centro Internazionale per l’Educazione Spaziale in Africa. “Ci sono Paesi africani con enormi potenzialità, ma mancano ingegneri, tecnici e scienziati”, prosegue lo stesso Battiston, ponendo l’accento sul ruolo centrale che la “formazione” deve avere in questa fase. Nel continente non mancano d’altra parte nazioni che si sono già affacciate sullo spazio: l’Algeria ha già mandato in orbita più di un satellite, il Sudafrica è – con l’Australia – una delle due sedi del radiotelescopio Square Kilometre Array, mentre il Kenya si è dotato da poco meno di un anno di una sua agenzia spaziale, la Kensa.

E proprio il Kenya, ospite di questa seconda edizione del Forum oltre che del Centro Spaziale, è uno dei Paesi a essersi mostrato più ricettivo, conferma il presidente dell’Asi, che ha illustrato la proposta alla presenza del direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea e dei direttori delle agenzie di Germania e Francia. Partner dai quali l’Italia si attende “collaborazione e supporto” nel quadro di un progetto che guarda al cielo, ma con ricadute importanti sul suolo africano. “La messa in orbita di costellazioni di nanosatelliti può dare un forte ritorno ed è realizzabile anche con risorse economiche limitate”, afferma Battiston, indicando quella che potrebbe essere una via africana allo spazio. I cosiddetti “nanosat”, di pochi chilogrammi di massa, consentono infatti di realizzare applicazioni per le telecomunicazioni, l’osservazione della Terra (dal controllo delle risorse alla prevenzione e gestione delle calamità naturali), la navigazione e la telemedicina. Nel concreto, un investimento in questa direzione consentirebbe quindi all’Africa di dotarsi di infrastrutture chiave a un prezzo tutto sommato contenuto. Formare tecnici locali, al contempo, metterebbe al riparo il continente dal rischio di una nuova colonizzazione, questa volta di stampo tecnologico.

Per l’Italia, ciò significherebbe dare seguito a quanto affermato in occasione dell’ultimo World Economic Forum dal premier Paolo Gentiloni, che a Davos aveva messo l’accento sull’importanza di dare un contributo allo sviluppo africano anche in un’ottica di risposta di medio e lungo termine all’emergenza migranti. “Noi ci muoviamo come braccio operativo di strategie governative”, conferma il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, che non si mostra preoccupato nemmeno di fronte all’eventualità che l’imminente voto possa cambiare le carte in tavola. “Quando ci sono processi di convergenza così ampia, io penso positivo”, chiosa Battiston, traguardando a “qualche anno” la piena operatività del centro di formazione di Malindi. “Stiamo già cominciando”, assicura, “parte delle azioni è già in corso”.
 

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