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Incidenti stradali, prima causa di morte tra i giovani: 418 decessi nel 2016

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La patente è un traguardo atteso da molti giovani e conseguirla è una tappa importante per la loro autonomia. Purtroppo, però, i dati sugli incidenti rilevano come fascia critica quella dai 15 ai 25 anni, età media della prima esperienza diretta sulla strada. Per questo motivo in diversi Paesi europei viene adottato il modello della formazione progressiva che accompagna il neopatentato nei primi anni di guida, verificando abilità e compatibilità con le norme prima di confermare l’acquisizione della patente.

Se ne è discusso all’Università Cattolica di Milano durante il seminario ‘Neopatentati: categoria a rischio?’, organizzato dall’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico, in collaborazione con Unasca, l’Unione nazionale autoscuole e studi di consulenza automobilistica.

Sono intervenuti al seminario Maria Rita Ciceri, direttrice dell’Unità di Psicologia del Traffico ed Emilio Patella, segretario nazionale Autoscuole UNASCA. Sono intervenuti, inoltre, esperti nazionali e internazionali: Manuel Picardi, vicepresidente EFA (European Driving Schools Association), dall’Austria Gregor Bartl, direttore dell’Istituto austriaco di Psicologia del Traffico, dalla Svizzera Valentino Borgo e Giorgia Galmarini, rispettivamente maestro conducente e psicologo del traffico. Il workshop ha poi visto la presenza di Francesco Foresta della Direzione Generale Motorizzazione Civile e di Paolo Cestra, presidente TISPOL (European Traffic Police Network). Hanno preso la parola anche Carlo Polidori, presidente AIPSS (Associazione Italiana dei Professionisti per la Sicurezza Stradale), e Marco Petrelli del Dipartimento di Ingegneria dell’Università Roma TRE.

Nei 28 Paesi dell’Unione Europea, mentre per la fascia dai 40 anni in su le cause principali di morte sono malattie respiratorie o cardiache, tra i 15 e i 29 anni i decessi sono dovuti a ‘cause esterne’. Tra queste, secondo l’ETSC (European Transport Safety Council), al primo posto ci sono gli incidenti stradali, in particolare per i giovani tra i 15 e i 25 anni.

I dati vengono confermati anche per il nostro paese, dalle ultime rilevazioni statistiche: considerando l’età 15-24 anni nel 2016 ci sono stati 418 morti e 45.924 feriti, più del numero degli abitanti dell’intera città di Macerata. I giovani più a rischio sono quelli con l’età compresa tra i 20 e i 24 anni, che risulta essere la fascia con il maggior numero assoluto di morti (260 in un anno) e di feriti (27.004). Tra i fattori di una così alta probabilità ci sono una particolare percezione del rischio in questa fascia d’età, unita alla scarsa esperienza e alle distrazioni come l’utilizzo dello smartphone mentre si è alla guida.

“In Italia si lavora molto sulla formazione dei giovani utenti della strada fino a quando arrivano al conseguimento della patente – ha dichiarato Maria Rita Ciceri, direttrice dell’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico – . Non esiste però alcun dispositivo per continuare a lavorare sulla sicurezza con i novice driver, ovvero coloro che hanno da poco conseguito la patente e rappresentano per quanto detto sopra una categoria particolarmente a rischio. La proposta di una patente progressiva va nella direzione di valutare nuove misure per colmare proprio questo deficit”.

Il vicepresidente dell’EFA, Manuel Piacardi, ha poi spiegato che finora il lavoro di prevenzione sugli incidenti stradali portato avanti dai governi “si è concentrato sulla riduzione della velocità, del consumo di alcol, e sulla sensibilizzazione all’uso della cintura di sicurezza”. Rifacendosi al modello di alcuni paesi europei, l’EFA propone “l’introduzione di ulteriori misure di sicurezza, tra cui il sistema di patente progressiva, che prende spunto dai due sistemi attualmente utilizzati, la patente di secondo livello e la patente graduale”.

Per patente progressiva si intende un percorso formativo che prevede l’ottenimento della patente per gradi, in seguito a diversi esami, periodi di pratica sulla strada e momenti di monitoraggio della condotta tenuta. Questo tipo di formazione prevede un incentivo alla pratica ma anche tutta una serie di supporti educativi, anche di tipo psicologico, per fare prevenzione.

“Oggi i ragazzi si preparano per l’esame della patente, ma è l’unico momento di formazione alla guida”, ha dichiarato Emilio Patella, segretario nazionale Autoscuole Unasca. “È importante invece far passare il messaggio che l’educazione stradale non riguarda soltanto il saper condurre un mezzo, ma conoscere tutte le variabili del sistema strada, fin da quando si è pedoni. È utile allenarsi per saper guardare e stare attenti a tutti i soggetti della strada, per conoscere il grado di attenzione e di reazione. Ci sono tante variabili, come quelle psicologiche, che se riconosciute da giovani poi sono fondamentali anche da adulti. Un ragazzo allenato all’educazione stradale sarà sicuramente un attento guidatore per tutta la vita”.

In diversi paesi europei esistono già formule innovative di training alla guida. In Norvegia, ad esempio, da quando è stato introdotto un sistema di educazione specifico il numero dei morti per incidente stradale tra i 16 e i 24 anni è calato del 73%, passando da 49 nel 2010 a 13 nel 2017. Qui, come in Austria, Islanda, Svizzera e Lituania, esiste la cosiddetta patente di secondo livello, mentre paesi come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno introdotto la  patente graduale (Gdl).

Una serie di 34 studi condotti tra gli Stati Uniti e il Canada ha messo in luce come grazie all’introduzione della patente graduale gli incidenti che hanno coinvolto gli utenti di 16 anni d’età siano diminuiti del 36%. Uno studio in Australia ha evidenziato una riduzione del 31% di incidenti gravi e mortali tra i 18-20enni nel loro primo anno di guida.

Se in Italia venisse presa in considerazione a livello legislativo, la patente progressiva potrebbe contribuire a ridurre sensibilmente i numeri ancora troppo alti di incidenti che coinvolgono i giovani.

 

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