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La Corte dell’Aia non indagherà sui crimini dei soldati Usa in Afghanistan

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I giudici della Corte penale internazionale (Cpi) hanno respinto la richiesta della procuratrice capo della Corte stessa, la gambiana Fatou Bensouda, di aprire un’indagine per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dai militari degli Stati Uniti in Afghanistan dal 2003. “I giudici hanno deciso che un’inchiesta sulla situazione in Afghanistan a questo stadio non sarebbe negli interessi della giustizia”, afferma la Corte dell’Aia. La decisione giunge una settimana dopo che l’amministrazione Trump ha annunciato la revoca del visto alla procuratrice capo proprio a causa della possibile indagine della Corte dell’Aia sulle azioni di soldati Usa in Afghanistan. Il tutto dopo che Washington, che non ha aderito al trattato fondativo della Corte, cioè lo Statuto di Roma, aveva annunciato il mese scorso che avrebbe introdotto delle restrizioni per provare a impedire ogni inchiesta della Corte a carico di militari statunitensi.

Tenuto conto delle informazioni fornite dalla procuratrice, i giudici hanno concluso che esiste “una base ragionevole che permette di ritenere che siano stati commessi in Afghanistan dei crimini che competono alla Cpi”, ma aggiungono che “la situazione attuale in Afghanistan è tale che rende estremamente difficile la riuscita di un’inchiesta“. Di conseguenza, concludono i giudici dell’Aia, “è poco probabile che portare avanti un’inchiesta porti alla realizzazione degli obiettivi enumerati dalle vittime a favore dell’inchiesta”.

A novembre del 2017 la procuratrice della Cpi Fatou Bensouda aveva annunciato che avrebbe chiesto ai giudici l’autorizzazione ad aprire un’indagine su presunti crimini di guerra commessi nel conflitto afghano da talebani, forze del governo afghano e anche da militari Usa. Con un attacco senza precedenti all’organismo internazionale incaricato di giudicare crimini di guerra e crimini contro l’umanità, la Casa Bianca aveva minacciato i suoi giudici e procuratori a settembre dell’anno scorso di sanzioni se avessero preso di mira gli Usa o Israele. E lo scorso 15 marzo l’amministrazione Trump, tramite il segretario di Stato americano Mike Pompeo, aveva annunciato appunto sanzioni, nello specifico restrizioni sui visti, per “persone che agiscono o hanno agito per chiedere o ampliare l’indagine”, segnalando che le restrizioni potevano essere usate anche “per impedire gli sforzi della Cpi di perseguire personale alleato, compresi israeliani”.
 

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