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La tragedia di Chieti. Filippone ha ucciso anche la moglie

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Anche Marina Angrilli, la brava professoressa d’italiano, mamma della piccola Ludovica, è stata uccisa dal marito. Vanno a posto a uno a uno i pezzi della tragedia di Chieti. Forse, il dirigente della “Brioni abbigliamento”, ha costruito un piano malato nella sua mente che è scattato domenica mattina: prima ha gettato la moglie dalla finestra della casa che avevano a Chieti Scalo e che affittavano a studenti, poi l’ha lasciata agonizzante sul selciato bofonchiando qualcosa ai primi soccoritori, è andato a prendere Ludovica che era a casa degli zii ignari di quanto era appena accaduto, ha preso la macchina, ha raggiunto il viadotto Alento, ha buttato di sotto la bambina e ha scavalcato il parapetto. Sette ore più tardi, era tutto finito. Anche Fausto Filippone si è buttato di sotto chiudendo per sempre la storia sua e della sua famiglia.

Tutto chiarito, dunque, almeno dal punto di vista fattuale. Ma resta un enorme punto interrogativo sulle ragioni che hanno spezzato qualcosa nella mente e nel cuore di un uomo apparentemente tranquillo, colto, ragionatore, con un buon lavoro, una buona posizione sociale, una mogle bravissima e molto bella, una bambina meravigliosa che era il loro orgoglio. Massimo Di Giannantonio, lo psichiatra che, sul cavalcavia della A14, ha provato a convincerlo a non buttarsi e, insieme, a capire cosa tormentasse quell’uomo, ha detto che tutto era già rotto, finito addirittura molti mesi prima: quindici, a quanto pare. Qualcosa sarebbe successo a Filippone, qualcosa forse davvero gravissima, forse da lui ingigantita, qualcosa che ha cancellato di colpo tutto nella sua vita. Oltre un anno fa. Ma cosa? La morte della madre, scomparsa per l’Alzheimer? Secondo Di Giannantonio quell’episodio ha contribuito ma ci deve essere stato dell’altro, prima.

E’ ormai solo questo episodio che resta da chiarire. Tutto il resto è evidente. Domenica mattina, i coniugi Filippone vanno alla casa di Chieti Scalo. Si parla di una lavatrice da acquistare (non si sa se per questa abitazione o se per quella in cui vivevano). Nessuno sente gridare o coglie i rumori di una colluttazione. Fatto sta che Marina Angrilli vola di sotto. Un medico che stava uscendo di casa corre in soccorso e ne constata le gravissime condizioni. A un certo punto, davanti a lui chino sul corpo di Marina, compare Filippone. Pare che abbia detto con molta tranquillità di essere il marito della donna per terra. L’altro, il soccorritore, non crede alle sue orecchie quando Filippone spiega che deve andarsene e gli lascia un numero di telefono scarabbocchiato su un foglietto. Pensa che il marito della donna moribonda sul selciato parli così perché fuori di sé.

Poi, nel trambusto dei soccorsi, Filippone se ne va davvero. Sembra che anche l’ambulanza sia arrivata in ritardo e che Marina sia stata portata nell’ospedale sbagliato dove non aveva alcuna possibilità di salvarsi. Il marito, intanto è sparito. Ricompare, dopo un po’ in casa degli zii di Ludovica (la sorella di Marina e suo marito) dove, tranquillamente (loro non sanno che l’insegnante agonizza all’ospedale) prende la figlia dicendo che la porterà a casa.

Invece, saliti in macchina, prende verso l’autostrada e si ferma sul lungo viadotto. Alcuni automobilisti di passaggio lo vedono scendere, prendere la bambina per mano e avviarsi lungo il ponte. Qualcuno avverte la polizia. Ma la pattuglia che si avvicina coglie solo il movimento brusco e incredibilimente “naturale” con cui il padre afferra la figlioletta sotto le ascelle e la scaraventa giù dal ponte. Poi scavalca il parapetto e si ferma dall’altra parte con i piedi sulla soletta e le mani aggrappate un po’ alla rete e un po’ alla struttura del guard rail. Resta lì per alcune ore, sordo ai tentativi di parlargli, di farsi spiegare, di convincerlo a non morire. Solo confusi discorsi per scusarsi di quanto accaduto e la minaccia di buttarsi ogni volta che qualcuno dei soccoritori si avvicina al corpo ormai inanimato della piccola Ludovica, là sotto.

Lo psichiatra racconta che c’era un muro invalicabile tra Filippone e tutti quelli che cercavano di parlargli. Che tutto era già scritto, deciso, forse pianificato. Che la tragedia non poteva che finire così, con un altro volo giù dal viadotto. Di Giannantonio ha potuto solo intuire che quella frattura definitiva nella vita di Filippone era avvenuta oltre un anno prima. E che non c’era più nulla da fare.

Adesso, tocca al fratello di Marina, Francesco Angrilli ematologo all’ospedale di Pescara, cercare di ricostruire e capire. Anche lui parla di una famiglia unita, senza stranezze e senza litigi. Non vuole che si parli male neanche di Filippone, ma non sa se ci potrà essere un unico funerale per questa disgraziata famiglia.

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