Quando ieri ha telefonato prima a Sergio Mattarella e poi a Paolo Gentiloni per annunciare la sua uscita dal gruppo parlamentare del Pd, il presidente del Senato Pietro Grasso si è solo preoccupato di una cosa: garantire, come ha ripetuto ai suoi interlocutori la sua correttezza e imparzialità nella gestione dell’aula di palazzo Madama in quel solco di rispetto totale delle istituzioni che i suoi interlocutori gli hanno riconosciuto.
Il più preoccupato, per certi versi, è apparso proprio Gentiloni. “E’ colpa mia per aver chiesto la fiducia sulla legge elettorale” gli ha chiesto il premier. Grasso lo ha sollevato da ogni colpa, “è libera decisione del Governo quella di porre la questione di fiducia, non ce l’ho con te, ce l’ho con il Pd” ha tagliato corto il presidente di palazzo Madama.
Quella di Grasso non è stata una decisione repentina visto che l’amarezza e la delusione covavano da tempo. Semmai la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’intervento in aula del capogruppo Pd del Senato Luigi Zanda. Grasso è rimasto molto colpito che l’esponente del Partito Democratico non abbia speso una parola per difenderlo dagli attacchi subiti per la gestione dell’aula durante il dibattito sulla fiducia.
“Nemmeno una parola” si è lamentato il presidente che poco dopo ha annunciato di aver lasciato il gruppo parlamentare del partito nelle cui liste era stato eletto. Rapporti tesi con Renzi soprattutto anche per la vicenda Bankitalia con quella mozione contro la riconferma di Visco presentata proprio dal Pd e votata nell’aula della Camera dei Deputati. Una mossa che lo stesso Grasso aveva criticato duramente durante una doppia telefonata al Quirinale e a palazzo Chigi. L’aver sottratto poi, con la fiducia sul Rosatellum, la possibilità all’aula di palazzo Madama la possibilità di discutere su un tema così importante come la nuova legge elettorale ha fatto il resto.
Come si diceva però la decisione di Pietro Grasso non è stata un fulmine a ciel sereno visto che da settimane si parlava di una suo progressivo avvicinamento a Bersani e ai transfughi di Mdp. Proprio per la carica che ricopre Grasso su questo tema non ha mai fatto un autodafè ma era ormai evidente che la divisa del Pd gli stava orami stretta soprattutto per le scarse attenzioni che il partito dava ai suoi appelli e alle sue riflessioni sul rispetto del ruolo del Parlamento. Nemmeno la promessa fatta da Zanda qualche giorno fa di un prossimo collegio sicuro ha fatto cambiare idea ad un Grasso sempre più irritato e sempre più indispettito, tanto da fargli lasciare la casacca che lo aveva portato in Parlamento e ai vertici delle istitutuzioni.