L’Antitrust critica l’imposta sui money transfer inserita dal governo nel decreto fiscale. Il prelievo dell’1,5% sui trasferimenti di denaro verso Paesi non appartenenti all’Unione europea viene ritenuto dall’Agcm “ingiustificatamente discriminatorio” perché applicabile solo a questi esercizi e non ad altri operatori che offrono simili servizi, come banche e Poste Italiane.
“Nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – si legge nel comunicato -, nell’adunanza del 30 gennaio 2019, ha inteso formulare alcune osservazioni in merito alle criticità concorrenziali derivanti dall’art. 25-novies del D.L. n. 119/2018 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge n. 136/2018), che ha istituito un’imposta dell’1,5% sui trasferimenti di denaro verso paesi non appartenenti all’Unione europea, effettuati da istituti di pagamento di cui all’art. 114-decies del D.Lgs. n. 385/1993. Innanzitutto, la nuova imposta sulle rimesse di denaro, come definite dal D.Lgs. n. 11/2010, risulta ingiustificatamente discriminatoria in quanto applicabile alle sole rimesse effettuate dagli istituti di pagamento (cd. money transfer operator – MTO), ma non dalle altre categorie di operatori che possono offrire analogo servizio, in particolare le banche italiane ed estere e la società Poste Italiane S.p.a.; essa appare dunque suscettibile di alterare il corretto confronto competitivo, poiché si traduce in un elemento di costo gravante solo sugli istituti di pagamento, riducendo la loro capacità di formulare offerte competitive, a parità di altre condizioni”.
Secondo l’Antitrust, inoltre, “la nuova imposta potrebbe ridurre ulteriormente il grado di trasparenza sulle condizioni economiche praticate per il servizio di rimesse di denaro, in un contesto in cui i costi complessivi del servizio già risultano di difficile comparazione, poiché dipendono da numerose e mutevoli variabili, tra cui commissioni e spread sui tassi di cambio. Ciò può determinare un ulteriore aumento dei costi di ricerca per i consumatori, riducendo così gli incentivi per gli operatori a competere efficacemente.
“Alla luce di quanto precede e considerata la rilevanza, economica e sociale, delle rimesse di denaro, l’Autorità auspica che la norma citata possa essere oggetto di opportune modifiche, tese a eliminare i descritti effetti discriminatori tra operatori attivi nell’offerta di servizi di rimessa di denaro e a ripristinare le condizioni per un corretto confronto competitivo”, conclude l’Agcm.