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Lavoro, allarme Unimpresa: “Boom di precari, rischio povertà per 9,3 mln di italiani”

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Meno disoccupazione, ma più precari, e oltre 9,3 milioni gli italiani sono a rischio povertà. È l’allarme lanciato da Unimpresa, che sottolinea come dal 2016 al 2017 altre 128mila persone siano entrate nel bacino dei ‘deboli’ in Italia, portando a 9 milioni 293mila il conto delle persone in difficoltà.

In un anno è aumentato il lavoro non stabile per 197mila soggetti. Ai disoccupati, che hanno fatto registrare una diminuzione di 69mila unità ma che contano comunque quasi 3 milioni di persone, si affiancano coloro che un’occupazione ce l’hanno, ma con scarsa sicurezza della posizione e del reddito: i contratti di lavoro a tempo determinato, sia part-time (900mila persone) che a tempo pieno (2 milioni), i lavoratori autonomi part-time (722mila), i collaboratori (251mila) e i contratti a tempo indeterminato part-time (2,68 milioni). Questo gruppo di persone occupate, ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute, ammonta complessivamente a 6,55 milioni di unità. Il totale dell’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, a fine 2017 comprendeva 9,29 milioni di persone, in aumento rispetto fine 2016 di 197mila unità (+1,4%).

“Le aziende italiane hanno bisogno di risorse e incentivi per crescere e svilupparsi, dunque per avere i presupposti necessari a creare nuova occupazione stabile. C’è bisogno di più lavoro per gli italiani: in questo senso, vanno accolti con favore tutti gli strumenti e le misure volte a rendere meno onerose le assunzioni di lavoratori, meglio se si tratta di interventi strutturali e non di aiuti una tantum. Riteniamo sbagliato insistere con forme di sussidio, perché strumenti come il reddito di inclusione alimentano l’assistenzialismo e disincentivano, di fatto, la crescita economica. I poveri non vanno lasciati nella loro condizione”, commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. La mancata stabilizzazione dei precari e il crescere dei contratti atipici, attacca Unimpresa, è “una situazione di fatto aggravata dalle agevolazioni offerte dal Jobs act che hanno visto favorire forme di lavoro non stabili. Di qui l’estendersi del bacino dei ‘deboli'”.

Il dato sui 9,29 milioni di persone è relativo al terzo trimestre del 2017 e complessivamente risulta in aumento dell’1,4% rispetto al terzo trimestre del 2016, quando l’asticella si era fermata a 9,16 milioni di unità: in un anno 105mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale. Nel terzo trimestre del 2016, continua Unimpresa, i disoccupati erano in totale 2,80 milioni: 1,53 milioni di ex occupati, 578mila ex inattivi e 693mila in cerca di prima occupazione.

A settembre 2017 i disoccupati risultano in discesa di 69mila unità (-2,5%). Incide il calo di 139mila unità degli ex occupati, mentre crescono di 41mila unità gli ex inattivi. Salgono anche coloro che sono in cerca di prima occupazione, cresciuti di 29mila unità. In salita il dato degli occupati in difficoltà: erano 6,35 milioni a settembre 2016 e sono risultati 6,55 milioni a settembre scorso. In totale 197mila soggetti in più (+3,1%). “Una crescita dell’area di difficoltà – continua Unimpresa – che rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana, nonostante alcuni segnali di miglioramento: soprattutto le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno – favorite dalle misure inserite soprattutto nel Jobs act – pagano il conto della recessione”. I contratti a temine part-time sono saliti di 146mila unità da 754mila a 900mila (+19,4%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 196mila unità da 1,80 milioni a 2 milioni (+10,9%), i contratti a tempo indeterminato part-time sono calati dell’1,0% da 2,70 milioni a 2,68 milioni (-27mila). Scendono i contratti di collaborazione (-56mila unità) da 307mila a 251mila (-18,2%) e risultano in diminuzione anche gli autonomi part-time (-7,9%) da 784mila a 722mila (-62mila).
 

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