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Legge elettorale, ok Grillo a ‘tedesco’ ma voto 10 settembre. Verso asse Pd-Fi-M5S

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Beppe Grillo detta le condizioni sulla legge elettorale. Gli iscritti, come di consueto, ratificano con una maggioranza bulgara quanto deciso dal leader pentastellato: sì dunque a un proporzionale tedesco con soglia di sbarramento al 5% ed eventuali correttivi, costituzionalmente legittimi, per garantire una maggiore governabilità. Non è tutto, però. L’ex comico scopre le carte anche per quel che riguarda la data del voto: “Una volta che avremo una legge elettorale si potrà votare subito”. Renzi e il suo Governo, invece, attacca “hanno allungato il brodo fino a oggi: non hanno fatto nulla per il Paese, ma cercano disperatamente di arrivare al giorno della loro pensione da privilegiati che scatta il 15 settembre. Venerdì 8 settembre 2017 ricorre il decimo anniversario del primo V-Day. Le elezioni domenica 10 settembre con la cancellazione dei privilegi sarebbero un modo magnifico per festeggiarlo. Noi ci siamo”, mette nero su bianco sul blog.

Quello di Grillo è un duro atto di accusa contro Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. “Sappiamo tutti che si stanno organizzando per un’alleanza pre e post elettorale, ma la legge elettorale non deve diventare ancora una volta merce di scambio”, attacca. Niente “incontri segreti a porte chiuse al Nazareno” per gestire “un indegno mercato delle vacche”, ma una discussione “trasparente” da fare “nella sede apposita: il Parlamento”.

È un nuovo capovolgimento di fronte. La palla, adesso, è nel campo del Pd, partito a maggioranza relativa che sin qui ha dato le carte. Renzi può registrare sì l’apertura grillina sul modello tedesco, ma non certo i toni con i quali è arrivata.

Un accordo Pd, FI e M5S “è possibile”, aveva detto il segretario dem prima che il “sacro blog” si esprimesse, non dimenticando però di sottolineare come, quando le trattative sono in corso, la prudenza sia “d’obbligo”.

Renzi fa appello alla responsabilità: “Il presidente della Repubblica ci ha chiesto di fare un accordo sulla legge elettorale e noi veniamo da una cultura istituzionale per cui gli appelli del presidente della Repubblica sono impegni vincolanti per i partiti, specie per il partito di maggioranza. Dunque lavoriamo per rispondere all’invito di Mattarella”, dice. Certo, nel merito, spiega, il sistema tedesco non è la sua “prima scelta”, ma l’ex premier – almeno per ora – ‘si accontenta’ della soglia di sbarramento al 5%, sufficiente in cuor suo a scongiurare la nascita di ‘partitini e cespugli’. “Vediamo cosa dicono gli altri – è la linea – poi agiremo con responsabilità e coerenza”.

È proprio il correttivo maggioritario che stuzzica Renzi. La soglia del 40% “non è vincolante”, spiega Roberto Fico (M5S). L’importante è mettersi d’accordo su un meccanismo che, almeno in prospettiva, consenta a chi taglia per primo il traguardo di governare. Il segretario Pd, spiegano i suoi, non chiude e sarebbe pronto ad assumersi il rischio di avallare un premio che potrebbe finire dritto dritto nelle tasche dei grillini: il Pd può farcela ad essere il primo partito, è la linea. A quel punto, però, sarebbe Silvio Berlusconi – sin dall’inizio  posizionato su un proporzionale puro – a tornare sulle barricate.

Quanto alla data del voto, scherzano i renziani, “Grillo dovrebbe direttamente ‘citofonare’ a Mattarella”. Che a Renzi non dispiaccia andare a votare a settembre, insieme alla Germania, è noto (“Il Pd non chiede le elezioni anticipate. Ma non le teme.”, è la linea) e adesso, si dovesse davvero arrivare a un asse sulla legge elettorale, la possibilità di tornare alle urne si farebbe concreta. Del resto, sintetizza un fedelissimo di Renzi, “fatta una legge con lo sbarramento al 5%, chi voterebbe la fiducia al Governo?”. Non certo Ap o Mdp, è il ragionamento: la maggioranza, semplicemente, non esisterebbe più.

I contatti tra Pd e FI, intanto, vanno avanti. I dem continuano a ritenere gli azzurri gli interlocutori più affidabili, e viceversa. Quanto a un possibile incontro tra i due leader, “al momento non è in agenda”,  spiega Renzi. “Non vedo Berlusconi da oltre due anni”, ma  “non avrei problemi a incontrare né lui, né altri leader”. Gli ‘sherpa’ di entrambi gli schieramenti continuano ad accreditare il faccia a faccia come possibile, ma – dicono – forse “più in là”.

Intanto, un piccolo giallo si consuma con l’incontro tra il segretario Pd e l’alleato centrista Angelino Alfano. “Si vedono domani alle 9 al Nazareno”, viene fatto filtrare da Ap, ma i dem si affrettano a smentire: “Non c’è ancora nessun appuntamento fissato”. I due, viene spiegato, si sono sentiti e ora tocca al ministro degli Esteri scegliere da che parte stare. Con le urne che si avvicinano, infatti, i centristi devono capire se ‘blindare’ alcune poltrone siglando un patto con il Pd, o andare da soli, portando avanti un programma di centrodestra, alternativo a Renzi.
 

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