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Leopolda, Minniti e Franceschini spingono Renzi: “La squadra c’è”

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“Lo dico a tutti: è vietato arrendersi. Avanti insieme”. Il lessico è più che mai renziano, ma a dare la linea è prendersi la scena alla Leopolda, tra gli applausi, almeno fino alle cinque del pomeriggio è Gianni Reinetti, 79 anni. Dopo 52 anni di vita insieme è diventato l’anno scorso il ‘marito’ di Franco, grazie alle unioni civili. “Abbiamo fatto in tempo, ma poi il tempo è tiranno” e adesso Franco non c’è più. “Però mi bisogna andare avanti, perché abbiamo fatto solo un primo passo”. Matteo Renzi sale sul palco e lo abbraccia: “questa è la Leopolda”.

Temi concreti e squadra, insomma, la chiave scelta. No chiacchiericci su alleanze o leadership. La giornata scorre via tra tavoli tematici e racconti “di vita vera” che si susseguono sul palco. Luca Lotti, Roberta Pinotti e Giuliano Poletti raccolgono le proposte che arrivano dai ‘leopoldini’. Nessuno parli, però, di ‘Leopolda in tono minore’. Renzi lo mette in chiaro sin dal mattino: “Più gente di altri anni. Tavoli stracolmi di idee e progetti per il futuro, la Leopolda sorprende sempre”, scrive su Twitter, mentre gli organizzatori parlano già di “un’edizione record, con il più 5% di ingressi”.

Il primo a darsi da fare perché lo sia è proprio il segretario dem che ‘rispolvera’ i panni a lui cari di presentatore Tv ed accoglie sul palco Dario Franceschini. “Se i Millennials permettono (fin qui sono stati loro a condurre i lavori dal palco, ndr) vorrei intervistarlo io – dice Renzi – Non c’è nulla di più importante che aver detto un euro in sicurezza, un euro in cultura: non vogliamo essere solo cibo per un algoritmo, non faremo una parola sulle alleanze”, matte in chiaro. “Ha il dna democristiano – scherza – lo perdonerete se va un po’ lungo nelle risposte”. Sul monito passano 10 istantanee che raffigurano alcune misure chiave degli anni di governo Pd: da Pompei alla legge per il cinema, dal 18app ai record di biglietti venduti nei musei. “Io vorrei ringraziare il ministro Franceschini perché per la prima volta la cultura ha smesso di essere la Cenerentola”, chiama l’applauso Renzi. “Alcuni provvedimenti, come quello sui beni vincolati, non li avremmo portati a casa senza un premier diciamo ‘autoritario'”, scherza il ministro. “Non parlare anche tu di deriva autoritaria che ci ho perso un referendum”, replica scherzando il segretario.

La gag funziona, ma, poco dopo è un altro membro del Governo a prendersi la scena. Marco Minniti è alla sua prima Leopolda. Mette in chiaro sin da subito da che parte sta: “Noi in questi anni ci siamo frequentati poco. Entrando ho detto ‘ma quanta gente’. Eppure sui giornali ho letto di una Leopolda in tono minore. Ma se oggi c’è così tanta gente, quanti eravate gli anni scorsi?”, esordisce. I temi affrontati, dal terrorismo ai migranti, dalla lotta alla mafia alla difesa dei valori democratici, scaldano i presenti. Ma è quando si concede un “pensiero politico” a far piazza pulita di applausi. Bene ” lo sforzo unitario”, ma “per essere ancora più forte ha bisogno di un Pd compatto: ognuno al suo posto ma con grande gioco di squadra”, è la linea. Di più: “Abbiamo fatto un congresso e io ho appoggiato convintamente Matteo. Non penso che ogni tre mesi bisogna fare un congresso, però vi dico, se anche qualcuno volesse farlo, qual è la mia opinione: non è cambiata. Ho sostenuto Matteo e lo continuo a sostenere”. È standing ovation. 
 

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