Infuria la battaglia tra l’esercito regolare libico di Fayez al Sarraj e la Libian National Army del generale di Bengasi, Khalifa Haftar. Si combatte in diversi punti alle porte di Tripoli dove le scuole resteranno chiuse per l’intera prossima settimana. La gente si è chiusa in casa dopo aver fatto provviste e per la capitale il traffico è piuttosto ridotto. Chi ha potuto è partito: molti si sono rifugiati in Tunisia e alcuni anche in Europa a seconda delle disponibilità di amicizie ed economiche.
Oltre 70 combattenti provenienti dall’est della Libia, appartenenti alle forze di Haftar sono stati arrestati ieri durante gli scontri tra le forze del governo di Tripoli e quelle di Haftar nel distretto di Sawani e nella zona intorno all’aeroporto internazionale di Tripoli. Lo rende noto il Lybia Observer su Twitter.
La comunità internazionale continua a lanciare appelli a fermare i combattimenti, ma le parti sembrano irremovibili e, ormai, intenzionate ad andare fino in fondo. Haftar (75, ufficiale già ai tempi di Gheddafi) continua a ripetere di voler liberare la Libia dai terroristi e accusa il Gna (Governo di Unità Nazionale) riconosciuto dalla comunità internazionale di non aver fatto nulla per arginarlo. Ieri Sarraj lo ha accusato di tradimento e ha detto una frase molto pesante: “Abbiamo steso le nostre mani verso la pace. Ma dopo l’aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient’altro che forza e fermezza. E in questa guerra – ha aggiunto – non vincerà nessuno”.
Lo stesso Fayez al-Sarraj, questa mattina ha attaccato pesantemente ll’ambasciatrice francese in Libia, Beatrice du Hellen. Il presidente del governo di unità nazionale ha accusato infatti Parigi di sostenere la brigata di Haftar nella loro offensiva contro Tripoli. Lo riporta al Jazeera citando una fonte vicina al governo libico, secondo cui lo stesso al Saraj avrebbe chiesto all’ambasciatrice di informare direttamente il governo francese e il presidente Emmanuel Macron della sua protesta.