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Marocco replica alle accuse di ‘Forbidden Stories’ su uso ‘software spia’

Il Consorzio Internazionale dei Giornalisti ‘Forbidden stories’, che comprende 36 giornalisti di diverse testate di stampa internazionale ad ampia diffusione, si prepara, da questa domenica 18 luglio, a pubblicare contemporaneamente una serie di articoli, attribuendo ad alcuni Paesi, tra cui in particolare il Marocco, un “uso abusivo” dello strumento di sorveglianza digitale ‘Pegasus’, prodotto dalla società israeliana Nso Group, che avrebbe, in questo caso, permesso di prendere di mira una grande quantità di numeri telefonici appartenenti, tra gli altri, a “Una decina di persone vicine a Sua Maestà il Re, oltre a diversi altri incaricati della sicurezza del Sovrano, 35 giornalisti in Marocco, Algeria, Francia e Spagna”, “alcuni denuncianti nel caso Toufik BOUACHRINE“, “ 25 avvocati in Marocco e Francia, 14 ministri francesi in carica, una quindicina di alti politici francesi e belgi esponenti di diversi partiti politici”, alcuni presidenti ed Ex Presidenti, Primi Ministri ed ex premier, Ministri ed ex Ministri degli Esteri di diversi paesi africani”, “ diverse decine di ambasciatori francesi e algerini e diplomatici di alto livello ”, nonché “funzionari al più alto livello delle Nazioni Unite e del’UA”,“diverse decine di deputati, ministri e leader politici marocchini, cittadini francesi della società civile vicini ad attivisti o militanti sahrawi e, infine, attivisti politici dell’opposizione algerina”.

Questa campagna mediatica, che arriva alla vigilia della celebrazione da parte del popolo marocchino del 22° anniversario della Gloriosa Festa del Trono, fanno sapere le autorità maroccchine, “ricorda che questa tempistica è sempre stata scelta consapevolmente dai detrattori, interni ed esterni, conosciuti al Regno, che si sforzano di danneggiare l’immagine del Marocco e delle sue istituzioni, attraverso la pubblicazione di libri pamphlet e tramite la pubblicazione di articoli e interviste, o anche con la diffusione di notizie perniciose”.

A tal proposito, le autorità marocchine ricordano che “FORBIDDEN STORIES non è alla sua prima campagna diffamatoria contro i servizi di sicurezza marocchini, dato che questa piattaforma di giornalismo collaborativo non ha mancato, il 22 giugno 2020, di trasmettere e ampliare il rapporto di Amnesty International, accusando, senza alcuna prova, il Marocco di spiare giornalisti marocchini, utilizzando spyware, di fabbricazione israeliana”.  Già all’epoca, il Marocco, il suo governo e il suo Parlamento, aggiungono da Rabat, “avevano categoricamente respinto le affermazioni infondate del rapporto di Amnesty International, chiedendo, invano e a più riprese, all’ong di fornire prove materiali in oggetto, sapendo che le autorità del Regno continuano ad operare nell’ambito del radicamento dello stato di diritto, in particolare attraverso il rafforzamento delle normative nazionali e del quadro giuridico, per stabilire la fiducia e la sicurezza digitale, secondo gli standard legislativi internazionali”.

Il Regno fa sapere di “non essere una giungla digitale come testimonia la Costituzione del 2011 che garantisce, al suo articolo 24, i principi del segreto delle comunicazioni e della tutela della privacy. In particolare – continuano da Rabat – il comma 4 prevede che ‘le comunicazioni private, sotto qualsiasi forma, sono segrete. Solo la giustizia può autorizzare, alle condizioni e secondo le forme previste dalla legge, l’accesso al loro contenuto, la loro divulgazione integrale e parziale o la loro invocazione a spese di chiunque’”.

Per le autorità marocchine il risultato è che, “contrariamente ai pregiudizi dei giornalisti di FORBIDDEN STORIES che si sforzano di voler ancorare l’immagine del Marocco, uno ‘stato di polizia’, affidandosi esclusivamente a sciocchezze rimaneggiate dagli oppositori marocchini, nessuna “agenzia” o “forza di sicurezza” è abilitata ad intercettare comunicazioni, operazione che può essere eseguita solo sulla base di un ordine del tribunale, secondo i termini previsti dall’articolo 108 del codice di procedura penale”.

Questa trasparenza, ricorda il Marocco, “con la quale lo Stato assicura la tutela dei diritti cibernetici, si accompagna alla possibilità offerta a qualsiasi cittadino marocchino, vittima di un’azione di sorveglianza illecita, di fare ricorso per vie giudiziarie ed extra giudiziarie, sia attraverso il deferimento alla Commissione Nazionale per la Tutela dei Dati Personali (CNDP) competente, o rivolgendosi all’Agenzia nazionale di regolamentazione delle telecomunicazioni (ANRT), per sporgere denuncia nei confronti dell’operatore inadempiente”.

Inoltre, Ricordano da Rabat,  “L’utente marocchino leso ha anche la possibilità di allertare il Consiglio Nazionale dei Diritti Umani (CNDH), che ha poteri generali in materia di tutela dei diritti umani, nella misura in cui può presentare causa anche presso la competente Procura della Repubblica”.

Allo stesso modo, continuano le autorità marocchine, “va menzionato il ruolo preventivo svolto dalla Direzione Generale della Sicurezza dei Sistemi Informativi (DGSSI), che educa regolarmente i cittadini sulle varie minacce cibernetiche che devono affrontare, indicando loro le soluzioni tecniche per frenare i tentativi di controllo di una terza parte dei dati professionali e personali conservati nei propri smartphone”.

Alla luce di tutto questo, per il Marocco “è evidente che questa campagna stagionale orchestrata da FORBIDDEN STORIES deve essere inserita in un contesto più ampio, che comprenda l’emergere del Marocco come attore regionale resiliente, influente ed essenziale, la cui voce è autorevole all’interno delle principali istituzioni continentali come l’ONU e l’Unione africana”.

Il Marocco, “che ha ottenuto clamorosi successi diplomatici, in particolare per quanto riguarda la questione del Sahara marocchino, è riuscito anche ad affermarsi come partner affidabile, per quanto riguarda la sicurezza, con diversi paesi, grazie all’efficacia riconosciuta a livello mondiale dei suoi servizi di sicurezza, principalmente nella lotta internazionale al terrorismo, avendo permesso di sventare complotti contro la stabilità del Regno, e attentati terroristici in particolare negli Stati Uniti, in diversi paesi dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa”.

Rabat ricorda che “È nel contesto di questa specifica situazione che alcuni paesi del Maghreb e dell’Europa stanno cercando di danneggiare il Regno prendendo di mira i suoi punti di forza diplomatica e di sicurezza, attraverso la diffusione di notizie false, volte a screditarlo all’interno dell’opinione pubblica internazionale, al fine di poterlo ostracizzare”.

Per il Marocco “La presunta indagine di FORBIDDEN STORIES è ovviamente in linea con questo, dopo che il Consorzio è servito inizialmente da cassa di risonanza per Amnesty International, nel suo attacco al Marocco, per poi tornare ad attaccarlo oggi, attraverso la pubblicazione di un dossier diffuso dalla Germania, un Paese con il quale il Regno è ancora in crisi e che non esita a proteggere sul proprio territorio diversi terroristi appartenenti ad Al-Qaeda e Daesh, lavorando, inoltre, per denigrare i servizi di sicurezza marocchini sui propri media pubblici”.

Paradossalmente, continua il Marocco “FORBIDDEN STORIES non ha mostrato alcuna emozione, quando il Parlamento tedesco e il Consiglio federale hanno approvato, il 26 marzo scorso, una legge che autorizza i servizi di intelligence a infettare smartphone e altri dispositivi con spyware, senza motivi come la lotta al terrorismo internazionale, per monitorare conversazioni criptate su sistemi di messaggistica di tipo “Messenger” e “Whatsapp””.

Per Rabat “parlando del controllo da parte del software Pegasus di diverse persone dell’entourage reale e/o incaricate della sicurezza del Sovrano, FORBIDDEN STORIES induce alla tesi che i primi funzionari dei servizi di sicurezza marocchini siano essi stessi oggetto di un cyberspionaggio”.

Da qui la domanda delle autorità marocchine: “qual è il partito, il dispensario, lo Stato o gli Stati, che da più di un anno manipolano Forbidden Stories cercando di ledere gli interessi del Marocco, attraverso la pubblicazione di questa inchiesta?”

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