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Medioriente, italiano vincitore Master Chef Israele: “Resto a Tel Aviv”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Sabato in Israele si è svegliato “al suono dei razzi” Massimiliano Di Matteo, chef italiano, abruzzese, che vive vicino Tel Aviv. Lì ha scelto di stabilirsi con la moglie israeliana. Proprio pochi mesi prima dell’inizio della quinta edizione della versione israeliana di “MasterChef’, che nel 2015 ha vinto. Intervistato da LaPresse, il 47enne Di Matteo, originario di Montesilvano, e diventato famoso come lo chef italiano a Tel Aviv, dove lavora come cuoco privato insegnando la cucina della sua Italia e del suo Abruzzo, racconta una storia in cui lui ha scelto Israele per amore di sua moglie e anche Israele ha scelto lui, riconoscendo il suo talento. Ma oggi, in un Paese con almeno 600 morti dopo l’attacco di Hamas, si ragiona sulle prospettive con l’animo provato.”Andarmene via da Israele dopo l’attacco di ieri di Hamas? La mia vita ormai è qua. Anzi, la nostra vita“, risponde a La Presse Di Matteo, al telefono da casa sua in Israele. “Mia moglie è di Gerusalemme è nata lì ed è cresciuta lì ed è molto attaccata alla sua terra. Mi ha portato in Israele e io sono molto contento di essere in questo paese meraviglioso con i nostri 4 figli. Dall’Italia quante persone mi dicono di tornare nel mio paese di origine e andarmene da qui, ma qui noi abbiamo costruito la nostra vita. Andarmene, oggi, nonostante quanto accade da ieri, non è un pensiero concreto”.Di Matteo e la sua famiglia sono tornati dall’Italia da poche settimane, all’inizio di settembre, dopo averci trascorso un mese. Abitano a una quindicina di chilometri da Tel Aviv in un paese attaccato all’aeroporto Ben-Gurion. Da un giorno la loro vita è come sospesa, la normalità diventa impossibile. Ed ecco che salta un incarico di Massimiliano per un catering previsto proprio oggi.

“Restiamo rintanati in casa. Ieri mi sono svegliato attorno alle 6.30 – è la sua testimonianza – 10 minuti prima dell’orario della sveglia puntata alle 6.40 e mi sono svegliato di soprassalto con un botto. In sottofondo le sirene, non quelle della zona in cui abito io. Ma a quell’ora del mattino presto si sentono anche se arrivano da lontano. Ho subito acceso la televisione, ma non c’erano informazioni, allora ho cercato online, e neppure li’ si trovava nulla”, racconta lo chef. “Allora ho pensato ‘ecco ci risiamo’. Questa è una situazione a cui non ci abitueremo mai al 100%, però ai missili ci abbiamo quasi fatto il callo – prosegue-. Io penso a chi vive vicino alle zone circostanti Gaza, a quanto sia pesante. Tutti noi passiamo un terzo della vita dormendo, mentre loro un quinto lo passano rintanati nei bunker, perché l’arrivo dei missili è all’ordine del giorno”.“Ieri notte alle 22 ho sentito la seconda sirena della giornata provenire dalla mia zona e col buio si sono visti i bagliori che venivano dalle zone lontane- dice Di Matteo-. Dovevano partire per fare un viaggio al nord di Israele, al confine con il Libano. Invece, dopo due settimane di feste ebraiche, è stato un sabato chiusi in casa con mia moglie e coi miei 4 bambini” Israele per lo chef italiano naturalizzato israeliano è un “meraviglioso Paese, anche se nella morsa di un conflitto, quello israelo- palestinese, storico. E attualmente anche con una crisi politica interna “in cui – dice -ci sono proteste per avere riforme e chi da Hamas ha voluto questo ultimo attacco ha approfittato di questa fase critica e cruciale interna di Israele”.

Lo chef fa la sua analisi, nonostante la preoccupazione. “Del resto – fa notare – anche sul fronte dei palestinesi, fra l’ANP e il partito che la guida, Fatah, e Hamas a Gaza, si contendono il potere e hanno i loro problemi interni”. “La religione – è la riflessione di questo italiano che vive in Israele da anni – qualunque essa sia, musulmana, ebraica o cristiana, se non è accompagnata da un po’ di cultura può essere distruttiva” L’attacco di Hamas di ieri accende nello chef italiano vecchi ricordi della sua vita, in cui ha incrociato fatti drammatici come il crollo delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001, a New York dove ha lavorato per 17 anni.“Ho trovato un’analogia con quanto accaduto quell’11 settembre a New York – dice Di Matteo – . Allora non ce lo si aspettava e in qualche modo ci siamo trovati ugualmente colti di sorpresa ieri, anche se Israele come gli Stati Uniti sono molto forti dal punto di vista militare e della sicurezza. Sorpresi in America dall’alto con gli aerei e qui in Israele nelle scorse ore allo stesso modo con un attacco partito da un’inferriata squarciata, che avrebbe dovuto essere elettroprotetta da un tecnologicamente avanzato allarme con cui mettere in moto immediatamente un sistena di alert e invece…come in quell’11 settembre ormai lontano i caccia ci hanno messo ore ad alzarsi in volo dopo l’attacco alle torri gemelle, anche ieri qui si è dovuto aspettare per un intervento in aiuto delle famiglie in preda ai terroristi”.

Per Di Matteo “è una strage, non solo per il numero di missili e per il numero spaventoso di morti, ma anche perché i civili sono stati rapiti da dentro casa e sono destinati a essere merce di scambio- rimarca lo chef- Hanno accusato in passato Israele di gettare in modo sproporzionato le bombe contro le pietre dei palestinesi. Ma la violenza contro i civili che si vede nelle immagini degli attacchi da parte di Hamas in queste ore parla da sola – dice Di Matteo- e spero che faccia capire a tutto il mondo con chi noi qui abbiamo a che fare”. “Ho sentito padri di famiglia che raccontavano ‘mia moglie, i miei figli e mia suocera sono stati portati via’. Io stesso ho clienti in quella zona, ad esempio a Zikim”, spiega lo chef. Di Matteo pensa a chi conosce ed è ora in difficoltà. “Una coppia di miei amici milanesi che abita a Tel Aviv mi ha raccontato che ieri un missile è entrato dentro un palazzo, tre piani sotto quello dove vivono – racconta. Hanno la casa distrutta. Sono andato oggi ad aiutarli a trasportare ciò che resta delle loro cose”. Si può sperare qualcosa di diverso? A Di Matteo “la soluzione a questa crisi in Medioriente pare difficile possa arrivare a tavolino. Certo è che- sostiene -la forza impone il terribile prezzo di vite umane, ma dobbiamo vedercela da soli. Nessuno aiuterà Israele, dovremo fare da noi”. “Spero – conclude Di Matteo con la voce che tradisce angosciata -che si trovi un accordo per riportare a casa chi ieri è stato strappato alla propria famiglia”

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