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Migranti, presi 11 scafisti a Pozzallo, 4 annegati. Austria: “Non da noi”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Undici scafisti nordafricani, fra cui il comandante dell’equipaggio, sono stati fermati dalla polizia a seguito dello sbarco di 447 migranti a Pozzallo, in Sicilia. Quattro dispersi sarebbero morti al largo di Linosa dopo essersi tuffati insieme ad altri trenta alla vista delle navi italiane, da cui si aspettavano di essere soccorsi, proprio mentre era in atto lo scontro internazionale su chi dovesse accoglierli.

Agli scafisti è contestato anche il reato di morte: sono nati in Egitto, Siria, Algeria, Tunisia. Il più giovane ha 18 anni, il più anziano 53. Secondo i superstiti, sarebbero stati loro a condurre l’imbarcazione dalle coste libiche. Un vero e proprio equipaggio, con motoristi e marinai: esperti conoscitori della navigazione e non mozzi improvvisati. Non per ultimo il comandante, pregiudicato per traffico di esseri umani già arrestato nel 2014. Inoltre era già stato respinto nel 2007 dalla questura di Agrigento dopo essere arrivato a Lampedusa. Mentre la cronaca scorre, dalla politica si susseguono i commenti.

Per la commissione Esteri del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati lo sbarco “conferma che i viaggi della speranza in mare per raggiungere le coste italiane sono segnati da gravissime violazioni dei diritti umani”. Secondo il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano il fermo di 11 scafisti “è l’ennesimo segnale che sul fenomeno immigrazione c’è chi lucra in maniera criminale sulla pelle delle persone. Sono fatti che non possiamo tollerare”. Plaude il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna: “Il modello di accoglienza nella legalità proposto nella nostra città non solo funziona, ma può essere additato ad esempio da seguire anche in altre realtà”.

Sono meno entusiasti in Europa: il cancelliere austriaco Sebastian Kurz invia una lettera al premier Conte e comunica all’Italia che l’Austria non accoglierà nessuno dei 450 nuovi arrivati. Il barcone, ignorato da Malta, aveva preso il largo da Zwara, città della Libia nord-occidentale. L’avvistamento del peschereccio al largo di Linosa è delle 20.30 di venerdì 13 luglio. Le operazioni si concluderanno cinque ore dopo. Per i migranti è l’inizio dell’attesa, ma il soccorso si trasforma in tragedia: alla vista delle navi italiane Protector di Frontex e Monte Sperone della guardia di finanza una trentina di migranti si getta in acqua. Pensano di poterle raggiungere a nuoto, come se nel cuore della notte la profondità del mare fosse più sicura dell’attesa su quel barcone. È la 1.42 e il pattuglione P1 ammaina i battelli e abborda il barcone. Cinque minuti dopo, alla 1.47, inizia il trasbordo dei migranti. Per quattro che si erano tuffati è però troppo tardi: di loro non si ha più alcuna traccia. Lo sbarco avviene a Pozzallo alle 19 di sabato. I sopravvissuti raccontano di aver viaggiato chi nella stiva e chi vicino al ponte comando. Gli eritrei, quasi 300, hanno pagato in media 10mila euro per raggiungere l’Europa, i somali 6mila. Tutti sono concordi nel riferire agli investigatori il ruolo di ogni membro dell’equipaggio. Dal capitano al vivandiere, da chi curava le comunicazioni via telefono satellitare a chi distribuiva l’acqua e manteneva l’ordine: tutti avevano un ruolo e gestivano il ‘carico umano’. Gli scafisti sono stati portati in carcere dove restano a disposizione del sostituto procuratore Santo Fornasier della procura della Repubblica di Ragusa, intervenuto all’interno dell’Hot Spot di Pozzallo.

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