Ha scelto la storica Bocciofila Martesana di Milano per presentare il suo nuovo lavoro in studio, ‘Canzoni da intorto’. Francesco Guccini ha deciso di tornare alla musica con questo disco particolare, fuori dagli schemi e in parte sorprendente anche per chi conosce e ama l’artista da sempre. Il disco esce domani, a dieci anni di distanza dall’ultimo album in studio, solo in formato fisico, uno di quei dischi che va ascoltato dall’inizio alla fine. “Ignoro cosa sia uno streaming”, scherza Guccini nel corso della presentazione, mentre Dino Stewart, managing director Bmg, sottolinea che “è innegabile che c’è un pubblico anche oltre lo streaming, che apprezza ancora il rito di acquistare un disco e di ascoltarlo dall’inizio alla fine. ‘Canzoni da intorto’ è un concept album che bisogna ascoltare per intero”.
L’album è la raccolta delle canzoni del cuore di Guccini, qui arrangiate e interpretate in una veste nuova. Pietre preziose della musica italiana e internazionale con le quali l’artista ha dato vita a una sorta di biografia musicale, come spiega lui stesso: “Quando ho iniziato a pensare di fare questo disco, avrei scelto canzoni molto diverse. Questa volta invece ho scelto le canzoni che ho cantato con gli amici in moltissime serate passate a Bologna. Lì ho passato la vita a giocare a carte e in tanti anni non ci siamo giocati neanche un caffè. Ma cantavamo, e quelle canzoni ora sono in questo disco”. Ne esce un’opera dal valore culturale, quasi educativo. Dalla storica ballata popolare Morti di Reggio Emilia, passando per le milanesi El Me Gatt, Ma Mi e Sei minuti all’alba, fino al canto epico-lirico Barun Litrun, all’amore ne Le nostre domande e all’inglese Green sleeves; e ancora l’anarchica Addio a Lugano, la misteriosa Nel fosco fin dal secolo e le poetiche Tera e aqua e Quella cosa in Lombardia.
“Ho rinunciato a cantare in francese”, racconta Guccini, che spiega la decisione di tornare a incidere un disco, ma non a scrivere nuovi brani: “Il disco ‘L’ultima Thule’ era proprio l’ultimo, non ero più capace di scrivere canzoni. E quindi ho deciso di smettere, proprio per non dover arrampicarmi sugli specchi e cercare qualche cosa che non veniva più. E infatti da allora io non ho più toccato la chitarra, ed è difficile per me scrivere una canzone senza l’accompagnamento della chitarra. Non son più capace di scrivere canzoni, è inutile che mi sforzi di fare cose che non son più capace di fare”. Ma cos’è l”intorto’, che dà il titolo al disco? “L’intorto – spiega Guccini – è far vedere che sei un fighetto. La voce ‘intorto’ è di origine gergale e significa imbonire, circuire per convincere qualcuno/qualcuna a prestarsi a proprio vantaggio. La locuzione ‘canzoni da intorto’ fu pronunciata da mia moglie Raffaella durante un famoso pranzo coi discografici della Bmg e fu accolta con entusiasmo irrefrenabile come titolo definitivo di un disco che non mi trovava, allora, del tutto consenziente e pacificato”.
“Si tratta di un’illazione maliziosa – prosegue l’artista – anche se parzialmente affettuosa. Significherebbe che le canzoni da me spesso cantate in allegre serate con amici, servissero solo ad abbindolare innocenti fanciulle. Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate alla bisogna, ma solo per un paio di volte e non di più”.
Spazio anche alla politica, nel corso della presentazione milanese: “La congerie politica attuale quando ho fatto il disco ancora non c’era, ma si intuiva. Mi fa piacere mostrare qui la mia posizione politica, che non è sbandierata ma è chiara. In seconda media studiavamo l’Iliade, e mi ricordo che c’era chi tifava per i Greci e chi per i Troiani. Si erano proprio create due fazioni, e la grande maggioranza tifava per i Greci, i vincenti. Io tifavo per i Troiani, e ancora tifo per i Troiani. Queste canzoni sono un po’ le canzoni dei perdenti, e parlando della congerie politica di oggi, noi siamo i Troiani. Io tifo ancora per i Troiani”. Poi conclude: “Io non sono comunista, non mi sono mai dichiarato comunista, sono non dico anarchico, perché dichiararsi anarchico nel 2022 è fuori dal tempo, ma simpatizzo. Nel 2022 è però difficile poter davvero essere anarchici“.