Occhi puntati su Singapore, dove fervono i preparativi per il vertice tra il presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un. Tutto ruota attorno al tema della denuclearizzazione della penisola coreana, mentre l’americano si mostra ottimista e Pyongyang, tramite i media di Stato, parla di “nuova era” nelle relazioni internazionali.
Dopo la sorpresa destata dall’incontro, che sarà il primo tra un presidente americano in carica e un membro della dinastia Kim, l’interrogativo è uno: riuscirà Trump dove tutti i predecessori hanno fallito? Dietro le quinte i funzionari lavorano per tentare di costruire ponti, su quella “denuclearizzazione” che per le parti ha significati diversi.
Il faccia a faccia tra Kim e Trump, che solo pochi mesi fa era inimmaginabile, è previsto nella mattinata di martedì 12 giugno in un hotel di lusso dell’isola di Sentosa. Ma se il presidente americano è orgoglioso e impaziente, vari esperti guardano con occhio critico al vertice, considerandolo una grande concessione a Pyongyang. “Sono 25 anni che la Corea del Nord tenta di ottenere un incontro con un presidente americano in carica”, dice scettico Boris Toucas, ricercatore al Center for Strategic and International Studies a Washington.
“Felice d’essere a Singapore, eccitazione nell’aria!”, ha twittato Trump dopo il G7 in Canada, ‘sbandato’ fuori strada dopo che Trump ha ritirato la firma dal documento finale. “Penso che andrà tutto bene”, ha poi aggiunto, incontrando il premier locale Lee Hsien Loong. Al suo fianco il segretario di Stato Mike Pompeo, personaggio centrale dei negoziati, che per due volte ha incontrato Kim a Pyongyang. Gli incontri tra le delegazioni dei due Paesi, ha detto, sono stati “sostanziali e dettagliati”. Ha aggiunto: “Restiamo determinati a ottenere la denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile della penisola coreana”, ha poi twittato Pompeo.
E l’agenzia di stampa nordcoreana Kcna ha parlato di “una nuova era” nelle relazioni con gli Usa, scrivendo che in agenda ci sono la denuclearizzazione ma anche “un meccanismo di mantenimento della pace permanente e durevole nella penisola”.
In gioco ci sono le ambizioni atomiche della Corea del Nord, da anni sotto la ghigliottina delle sanzioni internazionali. Nel 1994 e nel 2005 furono siglati accordi, mai applicati, e Pyongyang dal 2006 ha moltiplicato i test nucleari e balistici, fino all’escalation dello scorso anno. Se il vertice è inedito, secondo gli esperti lo sono di meno gli ingredienti di un eventuale accordo: denuclearizzazione progressiva in cambio di aiuti economici, garanzie sulla sicurezza della Corea del Nord, un trattato di pace che metta formalmente fine alla guerra di Corea che si chiuse nel 1953.
“Trump ha semplicemente offerto questi incontri alla Corea del Nord senza ottenere alcun progresso”, ha dichiarato Jeffrey Lewis, esperto in politica estera al Middlebury Institute of International Studies at Monterey. “È evidente sin dall’inizio che Pyongyang non ha intenzione di abbandonare il suo arsenale nucleare”, ha aggiunto.
Intanto, mentre Trump è certo di non aver bisogno di prepararsi per il summit, la sua squadra tenta di dare l’immagine di un presidente che studia e si concentra. Anche se su Twitter l’argomento cui si dedica sono i dazi, il G7 e gli alleati cui ha fatto lo sgambetto. Secondo una fonte della Casa Bianca, il vertice non avrà una durata prestabilita: “Potrebbe durare due giorni, parleranno sino a quando sarà necessario”. Per prepararlo, gli sherpa continuano a lavorare fuori dalla scena: la chiave è trovare un punto comune sulla denuclearizzazione.
Pyongyang chiede non specificate misure di sicurezza e la fine di quella che chiama “politica ostile” degli Usa, senza specificare quali concessioni intenda fare sul suo arsenale nucleare che definisce “preziosa arma” di difesa dall’invasione americana. Washington chiede invece a Kim la rinuncia totale al nucleare.