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Ok del Cdm al decreto Dignità: stretta su contratti a termine e aziende che lasciano l’Italia

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Stretta sui contratti a termine, norme più stringenti sulle delocalizzazioni e lotta al precariato. Sono questi i punti cardine del decreto Dignità, il primo firmato da Luigi Di Maio nella sua nuova veste di ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali.

Il documento è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e il leader 5s festeggia su Facebook. “È appena terminato il consiglio dei ministri in cui è stato approvato il primo decreto economico di questo governo, il decreto dignità. Ve lo avevo promesso, – ha detto Di Maio ai suoi follower in un video – avevo promesso di fare una guerra al gioco di azzardo, alla burocrazia, al precariato, alle delocalizzazioni, l’abbiamo detto e l’abbiamo fatto”. “Non voglio enfatizzare troppo però grazie al nostro decreto si disattiva il redditometro, lo spesometro prevede un solo adempimento a fine anno e basta – spiega – invece di quelle comunicazioni trimestrali, semestrali, e lo split payment non esiste più per i professionisti. Significa dare un po’ di liquidità in cassa”.

Contratti a termine. Il mood del governo è ‘licenziare’ il Jobs act, riducendo drasticamente la vita dei contratti con scadenza programmata che passa dagli attuali 36 mesi a 12 per quelli senza causale. Trascorso l’anno, l’accordo si può rinnovare soltanto per un massimo di altri 12 mesi, ma con obbligo di indicare la causale. Nel testo preparato dal vicepresidente del Consiglio, inoltre, si riduce anche la possibilità di prorogare i contratti a termine, passando da 5 a 4, rendendo più costoso il ricorso a questa formula.

Fatta salva la possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore a 12 mesi di lavoro in assenza di specifiche causali, l’eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze temporanee e limitate. In presenza di una di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine comunque non superiore a 24 mesi. Al fine di indirizzare i datori di lavoro verso l’utilizzo di forme contrattuali stabili, inoltre, si prevede l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale – attualmente pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, a carico del datore di lavoro, per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato – in caso di rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.

Interinali e licenziamenti. Novità anche per gli interinali, a cui verranno estese le stesse tutele già previste dalla legge per gli altri lavoratori. C’è poi lo stop ai licenziamenti selvaggi, con importanti disincentivi, come l’aumento del 50% (rispetto a quello previsto attualmente) dell’indennizzo per chi viene allontanato dal proprio posto senza giustificazioni, che potrà arrivare fino a 36 mensilità. L’obiettivo del governo è quello di tutelare i lavoratori, ma senza penalizzare gli imprenditori onesti, rivelano fonti interne.

Delocalizzazioni. Il decreto Dignità prevede, poi, un giro di vite contro la pratica delle delocalizzazioni, con multe molto salate per quelle imprese che decidono di lasciare l’Italia entro il termine dei cinque anni “dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata”.

Gli insegnanti. “Nel decreto dignità abbiamo inserito una norma che aiuta gli insegnanti delle scuole magistrali: coloro che per effetto di una sentenza del consiglio di Stato dovevano essere licenziati e invece in questo momento abbiamo prorogato di 120 giorni gli effetti per poter trovare una soluzione”. Così il ministro Luigi Di Maio in un video su Facebook.

Redditometro. Le nuove norme prevedono, innanzitutto, che il decreto ministeriale che elenca gli elementi indicativi di capacità contributiva attualmente vigente (redditometro) non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi. Inoltre, si prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze possa emanare un nuovo decreto in merito dopo aver sentito l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Con specifico riferimento alle comunicazioni dei dati di fatturazione relativi al terzo trimestre del 2018, infine, si interviene prevedendo che gli stessi possono essere trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro il 28 febbraio 2019, anziché entro il secondo mese successivo al trimestre.

Stop delle pubblicità sul gioco d’azzardo. Viene confermato anche lo stop alle pubblicità sul gioco d’azzardo. Per un “più efficace contrasto alla ludopatia – si legge nella bozza -, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet”. Inoltre “dal primo gennaio 2019 il divieto si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive ed acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata”. Al committente che non rispetterà le nuove regole sarà applicata “una sanzione amministrativa pecuniaria commisurata nella misura del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, ad un importo minimo di 50 mila euro”.

Critiche le opposizioni. Per l’ex premier, Matteo Renzi, “l’Istat dice che in quattro anni il Jobs act ha permesso di recuperare 1 milione di posti di lavoro, di cui più della metà a tempo indeterminato. E il ministro del Lavoro vuole smantellarlo. Fantastico. Tutto sommato devo riconoscere che ha una sua coerenza: più smantella il Jobs Act, più avrà occasioni per sperimentare la geniale intuizione del Reddito di cittadinanza: una Repubblica democratica fondata sul sussidio”.

Durissimo il commento della capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, che parla apertamente di “primo grande bluff di Di Maio e soci rispetto alle aspettative sbandierate”. Posizione condivisa e rafforzata dalle parole dell’omologa alla Camera, Maria Stella Gelmini: “Siamo davanti a un colpo mortale per le imprese italiane”.

Per il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, “ci troviamo di fronte a una enorme presa in giro”. Anche gli agricoltori della Cna sono dubbiosi sul provvedimento, soprattutto per la parte che reintroduce le causali nei contratti a tempo determinato: “Si riprodurrebbe la stessa incertezza che in passato è stata fonte di numerosi contenziosi”.

Botta e risposta, infine, tra la responsabile comunicazione di FI, Deborah Bergamini, e il M5S. Per la deputata azzurra il decreto “umilierà le squadre di calcio che con meno sponsor avranno meno soldi per il calciomercato”. Puntuta la risposta pentastellata, che ricorda alla parlamentare il voto favorevole del suo partito, la scorsa legislatura, a un disegno di legge in Senato che le aboliva totalmente: “Forse è stata richiamata all’ordine da Berlusconi, visti gli interessi del figlio di Dell’Utri nel settore slot o la pubblicità incassata da Mediaset?”. La controreplica di Bergamini non si è fatta attendere, e di sicuro non ha contribuito a calmare il clima: “Evidentemente i 5 Stelle preferiscono difendere i costruttori di stadi, io invece difendo la lobby dei tifosi”.

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