Le donne, nel mondo, in media, guadagnano il 23 per cento in meno degli uomini. Il dato emerge dall’Onu che nella sua campagna #stoptherobbery lo definisce il ‘più grande furto della storia’.
In tutto il mondo, le donne guadagnano solo 77 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini. Questa sproporzionata disparità nei salari medi tra uomini e donne persiste in tutti i paesi e in tutti i settori, perché il lavoro delle donne è sottovalutato e le donne tendono a concentrarsi in diversi posti di lavoro rispetto agli uomini. Anche se il lavoro stesso può richiedere uno sforzo o abilità uguale o maggiore, è valutato e remunerato di meno.
Per le donne di colore, le donne immigrate e le madri, il divario si allarga. La cosiddetta ‘pena della maternità’ spinge le donne verso lavori occasionali e part-time, e tende ad essere più ampia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi sviluppati.
“Uno dei modi più efficaci e più rapidi per ridurre le differenze salariali di genere è attraverso salari minimi di vita (o piani salariali) e protezione sociale universale, afferma Chidi King, direttore del dipartimento per l’uguaglianza della Confederazione internazionale dei sindacati. “Il salario minimo – dice ancora – di sussistenza è a beneficio di tutti i lavoratori a basso reddito. Dal momento che le donne sono fortemente sovrarappresentate nel lavoro a basso salario, di solito sono di beneficio per le donne in modo più drammatico. La Germania, ad esempio, ha recentemente introdotto un salario minimo nazionale per affrontare il suo ostinato divario salariale di genere del 22,4 per cento. Questo deve essere sostenuto da una protezione sociale universale”.
Secondo invece una pubblicazione Eurostat, diffusa dall’Istat, la differenza di stipendio tra uomini e donne, in Italia, è la più bassa di tutta l’Unione Europea. In media le donne guadagnano il 5,5% in meno degli uomini, primato condiviso con il Lussemburgo, a fronte di una media Ue del 16,3%. Le differenze più ampie si registrano in Estonia (26,9%), Repubblica Ceca (22,5%) e Germania (22,0%); quelle minori, oltre a Italia e Lussemburgo, Romania (5,8%) e Belgio (6,5%)