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Pd ‘azienda in crisi’, arriva Calenda ed è standing ovation

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“Comunque vada siamo un Paese straordinario”. Il tweet fissato sul suo profilo è datato 4 marzo ed è lì a definire la cifra del personaggio, a prescindere da come poi alla fine sia andata davvero. Per il centrosinistra, che Carlo Calenda, pur da non candidato, ha sostenuto con impegno in campagna elettorale, le elezioni non sono state un successo e, a distanza di qualche giorno, il ministro dello Sviluppo economico ‘scende in campo’ per dare una mano, quasi fosse un’azienda in crisi.

“Non bisogna fare un altro partito – scrive replicando su Twitter a un follower che lo invita a partecipare attivamente a una formazione politica, magari nuova – ma lavorare per risollevare quello che c’è. Domani mi vado ad iscrivere al Pd”. Dal tweet in avanti, in una giornata intensa di lavoro trascorsa tra gli operai di Embraco a Torino, solo ringraziamenti e ovazioni. Perché la decisione di Calenda viene accolta con favore da tutto il Pd. Il primo a complimentarsi con lui, sempre cinguettando, è Paolo Gentiloni: “Grazie Carlo!”, si limita a scrivere il premier, ma il suo è un appoggio di quelli che contano. “È la scelta giusta”, commenta il vicesegretario Maurizio Martina e, a stretto giro di posta, arrivano i messaggi di benvenuto dei colleghi di Governo Anna Finocchiaro, Marianna Madia, Claudio De Vincenti, Ivan Scalfarotto. Anche tra lo stato maggiore renziano la mossa di ‘Carletto’ raccoglie tanti applausi, con Matteo Richetti che si dice pronto a “preparare il comitato d’accoglienza”, Piero Fassino che loda “l’esperienza e la credibilità” del ministro che “saranno senz’altro preziose” e Matteo Ricci che suona la carica di un centrosinistra riformista. Anche Matteo Renzi lo chiama per congratularsi con lui. Non sono solo i renziani, però, a guardare con favore alla discesa nel campo democratico del ministro per lo Sviluppo economico.

A chi lo accusa di avere la pretesa “un po’ naive” di arrivare e sistemare il Pd, Calenda risponde di voler “solo collaborare” perché il Pd “è fondamentale per l’Italia”, ma non sono pochi quelli che lo vedono già in corsa per il dopo Renzi. Nel curriculum, in effetti, le numerose battaglie fatte a difesa delle industrie e dei posti di lavoro (dalla recente soluzione per Embraco, ad Alcoa, Aferpi, Ideal Standard, Ilva, Almaviva, Alitalia) e il corpo a corpo con Virginia Raggi (definita una “turista per caso”) sul patto per Roma, possono essere dei punti di vantaggio per chi vuole candidarsi a essere il leader di una sinistra riformista, alternativa ai populisti. L’errore fatto dal Pd, Calenda lo riassume in 140 caratteri, “abbiamo dato la sensazione di essere un partito delle elite (e lo dice uno che se ne intende). È successo in tutto l’Occidente ai progressisti. Ma è anche effetto – è la stoccata – del nostro modo di comunicare ottimistico/semplicistico. Tornare a capire le paure non tentare di esorcizzarle”.
 

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