2019 Odissea del Pd. E il prossimo sarà l’anno del giudizio per i Democratici che dovranno affrontare a poche settimane di distanza il congresso per la scelta del segretario nazionale e le elezioni europee. Un uno-due che potrebbe anche mettere al tappeto il partito oppure trasformarsi in quel doppio rimbalzo che può rilanciare il centrosinistra.
Proprio sullo scacchiere europeo si stanno proiettando le schermaglie interne. I teorizzatori del partito di Renzi fanno filtrare l’indiscrezione di un asse tra l’ex premier e il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, ma il diretto interessato smentisce. È certo, però, che un asse coi liberali piace di più al segretario uscente rispetto all’ipotesi del blocco socialista, con tanto di recupero degli ex Ds, Massimo D’Alema in testa, che invece resta nei desiderata del presidente del Lazio e candidato alle primarie Nicola Zingaretti.
Proprio quest’ultimo non perde occasione di sottolineare la scelta di campo degli ex luogotenenti renziani a favore del suo sfidante Maurizio Martina. “Lo stesso gruppo dirigente responsabile della sconfitta si è candidato con l’ex vicesegretario. È legittimo ma bisogna voltare pagina”, ha affermato Zingaretti. Il riferimento è all’ultimo gruppo dirigente responsabile, secondo lui, della sconfitta del 4 marzo. Lo scenario, tuttavia, di una ritrovata unione ex Ds lo stesso Zingaretti etichetta come una “Buffonata”.
L’abbraccio del quale parla il presidente del Lazio, però, è quello di Maria Elena Boschi che, dopo Luca Lotti, ha scelto di correre a fianco del suo ex collega di Governo Maurizio Martina per evitare che Zingaretti proponga “liste alle europee insieme agli scissionisti di D’Alema per aprire poi un dialogo con il Movimento 5 Stelle. E’ davvero questo il Pd del futuro?”. Si chiede l’ex ministra Boschi.
Un Martina che avverte: “Il Pd sta rischiando l’esistenza” e se salta “facciamo un regalo grande a Salvini e Di Maio”.
I tasselli, però, si stanno ricomponendo. Con l’uscita di Boschi e Lotti, resta solo da capire che cosa farà il loro ex capo corrente, proprio il senatore fiorentino Matteo Renzi. E poi c’è Carlo Calenda che prende le distanze dalle strategie zingarettiane, ma non ha ancora trovato una “casa” congressuale. Se il suo ultimo libro si intitola Orizzonti Selvaggi, in questo momento appaiono, più che altro molto nebulosi.