La quota vincente
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Pd, i renziani scelgono Martina, ma il gruppo è diviso. Ticket Giachetti-Ascani

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‘Too big to fail’, dicono gli americani quando devono spiegare che un’azienda è troppo grande per fallire. Avrebbe ripercussioni enormi su un intero sistema. Ed è anche la motivazione per cui Matteo Renzi non può abbandonare il suo progetto politico in ‘solitaria’ per ricandidarsi alle primarie del Pd. Si è spinto troppo oltre da non poter tornare indietro. E, diciamocela tutta, nemmeno ha voglia (e possibilità) di fermare le bocce proprio adesso. Gli uomini della sua area che pure avevano provato a mettergli pressione alimentando retroscena e spifferi, dovranno farsene una ragione: il ‘Capo’ non torna indietro, quindi si scelgano pure il candidato su cui puntare le loro fiches o al massimo si ‘adagino’ su quello che offre la ‘Ditta’. Per inciso, Maurizio Martina.

Il risultato della riunione dei renziani dice proprio questo: spazio e tempo per trovare un proprio player vincente e convincente non ce n’è più il mandato politico affidato a Lorenzo Guerini di trattare con l’ex ministro delle Politiche agricole, che nella sua squadra ha già pezzi da novanta della Leopolda, come Graziano Delrio e Matteo Richetti. Non tutti, però, seguiranno la scia. Roberto Giachetti e Anna Ascani, ad esempio, scenderanno in campo con un loro ticket, sperando di attrarre consensi. Ma lo stesso Renzi – che non ne fa un dramma – è consapevole che qualcuno dei suoi finirà per appoggiare Nicola Zingaretti. Del resto, ha detto in tutte le salse che del Congresso non se ne vuole occupare: “Ho vinto per due volte col 70% e mi hanno fatto la guerra interna, stavolta non mi fregano. Vinca il migliore”. Si sfila dal dibattito anche Maria Elena Boschi, che dice di non essere interessata alla carica di presidente del Pd, dopo che il suo nome era circolato in seguito alle parole proprio di Martina su una figura femminile per quel ruolo.
L’equazione è stata quasi automatica: i renziani si spingono verso l’appoggio alla sua candidatura, quindi serve uno scambio politico. Ma stavolta i conti non tornano.

Nel frattempo anche il presidente della Regione Lazio si sta organizzando. Cesare Damiano ha annunciato il suo appoggio, rinunciando a correre per la segreteria. Ma il sostegno di ‘peso’ resta sempre quello di Paolo Gentiloni. Non è ancora certo che basterà, anche perché il nuovo rimescolamento nel campo del suo principale avversario potrebbe cambiare gli equilibri del Congresso. Certo, se Renzi decidesse di fare un endorsement pubblico a Martina, la sfida diventerebbe appassionante. Il problema è che il diretto interessato non lo vuole fare, e non lo farà: voterà alle primarie – perché comunque fa ancora parte del Pd -, ma si terrà lontano anni luce da iniziative, dibattiti o comizi.

Il suo pensiero lo spiega nel salotto di Bruno Vespa: “La politica vecchia maniera, con le sue liturgie, non funziona più. Paradossalmente la democrazia interna, come quella nel Pd, è sembrata un limite all’esterno, perché viene percepita come litigiosità. Per me comunque la democrazia interna resta un valore importante”, ma “credo che serva un modello nuovo di partecipazione”. Magari sarà il primo punto dello Statuto di un soggetto tutto nuovo. Con Renzi alla testa, ovviamente.
 

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