Roma zona rossa. Interviene l’Unione europea, determinata a contenere una “ulteriore diffusione” della peste suina. I casi segnalati nella Capitale hanno indotto la commissaria della Salute Ue, Stella Kyriakides, a mettere mano ad una ordinanza che prevede la creazione di una “zona infetta” in città e chiede all’Italia di provvedere affinché “non siano autorizzati” movimenti di “partite di suini” e “relativi prodotti” provenienti dal territorio a rischio e inviati “verso altri Stati membri e paesi terzi”. Il provvedimento, si legge, “si applica fino al 31 agosto 2022”.
La zona rossa dovrà comprendere almeno le aree a Sud di Roma:(Circonvallazione Clodia, via Cipro, via di San Tommaso D’Acquino, via Arturo Labriola, via Simone Simoni, via Pietro De Cristofaro, via Baldo Degli Ubaldi); a Sud-Ovest: (via di Boccea fino all’intersezione con via della Storta); a Ovest-Nord Ovest: via della Storta, Via Cassia (SS2) fino all’intersezione con via Cassia Veientana (SR 2 bis); a Nord Est: via Cassia Veientana (SR 2 bis) fino all’intersezione con l’autostrada A90 (Grande Raccordo Anulare), autostrada A90 fino all’intersezione con il fiume Tevere; a Est-Sud Est: fiume Tevere.
Come assicurato dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, a breve “verrà firmata ordinanza che riguarda la zona di Roma”. Quella della peste suina – assicura – è “una situazione che stiamo monitorando ogni giorno”. I timori non sono tanto quelli sanitari, poiché il virus non si trasmette all’uomo, quanto le ricadute sul comparto suinicolo “che fattura oltre 7 miliardi”.
Oltre al contenimento della peste suina, tuttavia, c’è anche un’altra emergenza da affrontare: quella della popolazione di cinghiali la cui prolificazione “riguarda ormai tutta la Penisola, dove sono saliti a ben 2,3 milioni gli esemplari che rappresentano un pericolo per la sicurezza dei cittadini, per le attività agricole e rischiano di diffondere la peste suina ben oltre le aree infette”, come ribadisce il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, sottolineando “la necessità della loro riduzione numerica attraverso le attività venatorie”.
In tal caso, i cacciatori si dicono pronti. “Qualora si dovesse procedere all’abbattimento dei cinghiali, ad attuarlo dovranno essere persone con una licenza di porto d’armi da fuoco: carabinieri, forestali e, i più numerosi, i cacciatori”, spiega a LaPresse Massimo Buconi, presidente di Federcaccia. “Al momento non abbiamo ricevuto nessuna richiesta a riguardo, ma diamo a prescindere la nostra massima disponibilità agli abbattimenti, così come alle attività di controllo e di sorveglianza”, conclude Buconi, precisando tuttavia che “l’abbattimento non ha nulla a che vedere con la caccia”.