Le inchieste della Procura di Milano si stringono sempre di più attorno alla Lega e a Regione Lombardia. Sotto la lente dei pm sono finire sia la gestione di Attilio Fontana, che quella del suo predecessore Roberto Maroni. Il governatore lombardo è indagato per frode in pubblica fornitura insieme al cognato Andrea Dini, titolare della Dama Spa, e al dg dimissionario di Aria, la centrale acquisti del Pirellone, Filippo Bongiovanni, accusati anche di turbata libertà nella scelta del contraente, per un fornitura di camici da 500mila euro da consegnare a Regione Lombardia in piena pandemia.
Ben 25mila camici sono stati trovati dagli uomini del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza nella sede della Dama Spa. Ancora imballati, non erano stati consegnati come pattuito a Regione Lombardia ma Dini aveva tentato di rivenderli a una casa di cura del Varessotto ad un prezzo maggiorato. L’affare però era sfumato proprio per il costo elevato dei Dpi: 9 euro l’uno contro i 6 acui erano stati offerti ad Aria. Adesso tutto il materiale è custodito in un magazzino a disposizione dell’autorità giudiziaria e nei prossimi giorni si deciderà a quale uso destinarlo.
Una parte dei camici ordinati da Aria – quasi 50mila – è stata invece effettivamente consegnata ma nel frattempo Dini aveva deciso di trasformare quella commessa in una donazione. A spingerlo a mandare ad Aria una mail di questo tenore, il 20 maggio, sarebbe stato l’intervento del governatore Fontana, preoccupato per un possibile conflitto di interesse, dopo essere stato informato della vicenda a Palazzo Lombardia e intervistato sul punto da Report.
Proprio per questo, Fontana, da quanto è emerso dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Filippini,Furno e Saclas, ha cercato di compensare il mancato guadagno del cognato con un assegno da 250 mila euro. Sarebbe dovuto partire da un conto svizzero di Fontana, dove il governatore aveva depositato 5,3 milioni di euro “scudati” nel 2015 e in precedenza depositati in due trust alle Bahamas. L’operazione, invece, è stata segnalata come sospetta dalla Uif di Banca d’Italia, dando il via all’indagine. Molti aspetti sono ancora da chiarire e le Fiamme Gialle stanno continuando a indagare sui conti elvetici del governatore Fontana e sulla voluntary disclosure fatta quando era sindaco di Varese. Trai punti su cui fare luce, anche se il governatore – come afferma il sito ‘OggieDomani’, citando il documento dell’Uif di Banca d’Italia – abbia “provato a nascondere l’origine svizzera dei fondi al cognato”.
Su eventuali fondi neri della Lega e su conti in Svizzera riconducibili al partito di Matteo Salvini si è concentrata anche un’altra inchiesta che ha toccato Regione Lombardia, all’epoca guidata da Roberto Maroni. Il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, titolare dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission con il pm Stefano Civardi, ha interrogato per l’intera giornata Luca Sostegni nel carcere di San Vittore. Il 62enne, che per i pm faceva il “prestanome di professione”, aveva già iniziato a collaborare con i magistrati e a ricostruire il reticolo di conti e società utilizzate dai commercialisti vicini alla Lega Michele Scillieri, Antonio Di Rubba e Andrea Manzoni per mettere a segno spericolate operazioni immobiliari. Unna tra tutte, l’acquisto della sede della Lombardia Film Commission al prezzo “gonfiato” di 800 mila euro. Soldi pubblici che poi si erano dispersi in mille rivoli, ritornando per la maggior parte nella disponibilità dei tre professionisti o di altri imprenditori vicini al Carroccio. I pm stanno anche vagliando se siano serviti a creare fondi neri.