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Puigdemont glissa su indipendenza catalana e chiede dialogo. Rajoy: “Risposta non valida”

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Il governatore catalano Carles Puigdemont in una lettera di quattro pagine inviata al premier Mariano Rajoy non ha chiarito se abbia o meno dichiarato l’indipendenza della Catalogna, ma ha chiesto di dialogare nei prossimi due mesi. Ma proprio per la mancanza di chiarezza, il governo di Madrid non considera valida la risposta inviata dal governatore catalano.

LA RISPOSTA DEL GOVERNO SPAGNOLO. “Il governatore Carles Puigdemont ha deciso di non rispondere, credo non sia difficile dire sì o no”, ma “ha l’opportunità di rettificare” e il governo “si aspetta che, nelle ore che restano perché si arrivi alla seconda scadenza della richiesta, Puigdemont risponda con chiarezza”, ha dichiarato la vice premier spagnola, Soraya Saenz de Santamaria. 

“Nessuno rifiuta il dialogo, ma esso va fatto nella cornice della legge, con chiarezza e al Congresso. Puigdemont ha nelle sue mani tutti gli strumenti per iniziare a rispondere alla situazione, deve solo dire se ha dichiarato l’indipendenza, mai una risposta è stata così semplice”, ha aggiunto. E ha fissato una nuova scadenza giovedì alle 10

Rajoy ha poi risposto, sempre attraverso una lettera, a Puigdemont, avvertendolo che sarà “l’unico responsabile dell’applicazione della Costituzione”, in riferimento all’articolo 155. Rajoy si dice “profondamente” dispiaciuto del fatto che Puigdemont non abbia risposto alla richiesta di chiarimento sulla eventuale dichiarazione d’indipendenza, spiegando che tale richiesta rappresenta il passo precedente a quanto previsto dalla Costituzione.

IL TESTO DELLA LETTERA. Nella lettera, Puigdemont cita vari documenti, come la legge del referendum e i dossier sulle cariche della polizia, e presenta due proposte. In primis che sia fermata “la repressione” contro i cittadini catalani e contro il governo locale, dall’altra parte chiede a Rajoy un “dialogo sincero” e che si organizzi un incontro per arrivare ai primi accordi. “La priorità del mio governo è cercare con tutta l’intensità la via del dialogo. Vogliamo parlare, come lo fanno le democrazie consolidate, sul problema che pone il popolo catalano, che vuole intraprendere il suo cammino come Paese indipendente nel quadro europeo”, si legge nella prima pagina della lettera. 

Puigdemont non chiarisce quindi se abbia o meno dichiarato l’indipendenza, come gli aveva chiesto il governo di Madrid, e apre così la via all’attivazione dell’articolo 155 della Costituzione. La scadenza per la risposta era stata fissata da Rajoy alle 10 odierne, e nell’eventualità che la risposta fosse di una avvenuta dichiarazione, sarebbe seguita la scadenza di giovedì per rettificare ed evitare la sospensione dell’autonomia catalana. “La nostra intenzione è percorrere il cammino in modo concordato, sia sui tempi sia sulle forme. La nostra proposta di dialogo è sincera e onesta. Da un lato, nei primi due mesi il nostro principale obiettivo è iniziare a dialogare e che tutte quelle istituzioni e personalità internazionali, spagnole e catalane, che hanno espresso volontà di aprire un cammino di negoziazione abbiano la possibilità di esplorarlo”.

“La nostra proposta di dialogo è sincera, nonostante tutto quanto è accaduto, ma logicamente è incompatibile con l’attuale clima di crescente repressione e minaccia”, afferma ancora Puigdemont nel testo. “Non lasciamo che la situazione si deteriori ulteriormente”, dice poi, chiedendo di avviare il dialogo e incontrarsi, perché “con buona volontà, riconoscendo il problema e guardandolo in faccia, sono sicuro che possiamo trovare la via della soluzione”.  

TRAPERO TORNA IN TRIBUNALE. Il capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Lluís Trapero, è atteso in mattinata all’Audiencia Nacional a Madrid per rispondere alle domande dei giudici, indagato per sedizione in relazione alla presunta “inazione” della polizia catalana nei disordini del 20 settembre e durante il referendum del primo ottobre. Con lui sono stati convocati in tribunale anche i presidenti di Asamblea Nacional Catalana e Omnium Cultural, Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, la intendente dei Mossos, Teresa Laplana. Per il reato di sedizione, di cui tutti sono sospettati, è prevista una pena sino a 15 anni di carcere.

Attesi a partire dalle 9, sono stati nuovamente citati dopo essere già stati ascoltati il 6 ottobre dalla giudice Carmen Lamela, che indaga sui fatti del 20 settembre quando la Guardia civil fu assediata durante perquisizioni del ministero dell’Economia di Barcellona. Poi, li ha nuovamente convocati avendo ricevuto nuovi elementi, in relazione ai fatti del giorno del referendum del primo ottobre. Il 6 ottobre la giudice non ha deciso alcuna misura cautelare ed è un’incognita se deciderà di farlo oggi. 

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