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Resa dei conti nel Pd: Giachetti contro Speranza. Cuperlo: Congresso prima del voto

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A scapito della fase ‘zen’ di Matteo Renzi, le tensioni all’interno nel Pd esplodono in tutta la loro evidenza con Roberto Giachetti che dà della “faccia da culo” a Roberto Speranza, Gianni Cuperlo secondo cui al Pd “serve un’altra guida” e Speranza che abbandona l’assemblea dopo l’intervento introduttivo dell’ex premier-segretario. A scatenare la reazione del vicepresidente della Camera – non un renziano della prima ora – è una frase pronunciata di fronte alle telecamere dall’ex capogruppo Pd prima di lasciare l’assemblea insieme al fedelissimo Davide Zoggia. “Ho presentato a luglio la proposta sul Mattarellum, sono contento che possa diventare la posizione di tutto il Pd”, dice Speranza a margine dei lavori. “Sulla legge elettorale – ha replicato Giachetti dal palco – mi sembra di trovarmi al gioco dell’oca. Resto allibito quando leggo il novello ‘Davide’ Roberto Speranza dire che il Mattarellum è una sua proposta. Roberto Speranza hai la faccia come il culo. Avete la faccia come il culo. Quando avevi la possibilità di votare il Mattarellum alla Camera eri il capogruppo e hai detto no”. Il vicepresidente della Camera non si limita a questo, ma chiede anche alla minoranza di riflettere sull’opportunità di restare nel partito quando vi “tira fango” a ogni occasione. E conclude: “Voi non siete contro un uomo solo al comando, voi siete contro Matteo Renzi al comando”.

Le frizioni tra maggioranza e minoranza non nascono oggi, ma la vittoria del No al referendum del 4 dicembre e l’addio di Renzi a Chigi le hanno acuite. Precedenti ci sono stati nell’ultima direzione di Renzi da presidente del Consiglio quando proprio Giachetti attacca la sinistra legata a Speranza e Bersani sulla legge elettorale. Altro episodio a novembre, durante la Leopolda, quando un gruppo di leopoldini grida dalla platea ‘via, via’ al nome di Bersani e compagni. Questa volta dai banchi dell’assemblea si leva un boato misto di sostegno e di critica nei confronti di Giachetti, al punto che il presidente Orfini deve intervenire: “Da vicepresidente della Camera non avresti mai accettato di sentire quelle parole”, dice al deputato, invitandolo a moderare i toni. Non basta. La miccia è accesa e tutta la minoranza, da Zoggia – il primo a intervenire con una nota perché all’assemblea non è più presente – alla Agostini fino a Pegorer, chiedono una presa di posizione da parte della maggioranza, che però non arriva. Anzi, durante l’exploit di Giachetti, dietro al tavolo sul palco c’è chi sorride. “E’ solo una battuta”, si giustifica, uscendo Giachetti che poi si corregge e dà delle “facce di bronzo” ai colleghi di partito. Ma il senatore di minoranza Miguel Gotor diffonde lo stesso un comunicato dove lo apostrofa con un “squadrista da operetta”. Toni più da opposizioni che da anime del medesimo partito. Alle cinque di pomeriggio, dopo che l’assemblea si è conclusa da mezz’ora e Renzi se n’è andato, arriva anche il tweet di Speranza: “Lo stile è come il coraggio di don Abbondioà”. Stessa frase usata da Renzi per commentare la minoranza che ha esultato la sera del referendum al momento dell’annuncio delle sue dimissioni. Ed è proprio a loro che il segretario fa riferimento nella sua relazione quando dice che quei toni “hanno ferito” non tanto lui quanto la comunità del Pd. Sempre a quella fetta della ‘sinistra’ interna si rivolge il segretario quando rilancia il suo Pd dove non troveranno spazio i ‘caminetti’ di bersaniana memoria. Insomma, toni accesi che si traducono in differenze di contenuto al punto che fra quei 481 ‘sì’ incassati dalla relazione del segretario – in cui fondamentalmente si propone il ritorno al Mattarellum e la scadenza naturale per il congresso (2017) –  non ci sono quelli di alcune fette di minoranza. Non partecipano Sinistra riformista di Roberto Speranza, Sinistra dem di Gianni Cuperlo e ReteDem, ala nata dagli orfani di Pippo Civati nel frattempo approdato a Possibile. E’ proprio il Mattarellum l’arma con cui Renzi spiazza la minoranza. L’ala di Bersani ha evitato di votare contro, in quanto a favore del Mattarellum e non abbastanza in disaccordo, quella di Cuperlo invece perché non del tutto a favore. Pur apprezzando l’autocritica, infatti, i cuperliani ritengono vada approfondita l’analisi della sconfitta e vogliono il congresso del partito prima delle elezioni. Va oltre Francesco Boccia, negli ultimi tempi in rotta con l’ex premier, che si chiede chi abbia deciso per il Mattarellum, sottolineando la conduzione verticistica di Matteo Renzi.  Il congresso è l’altro punto nodale dei rapporti fra maggioranza e minoranza. Uno degli sfidanti di Renzi, Enrico Rossi, governatore della Toscana, chiede che il segretario lo anticipi. D’accordo  lo stesso Boccia e Gianni Cuperlo che lo vuole prima del voto in quanto per lui il Pd del futuro dovrà avere “un’altra guida”.

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