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Running, Mo Farah: “Punto alla maratona di Londra e poi mi dedico ai giovani”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati
Il suo vero nome è Hussein Abdi Kahin, ma da sempre tutti lo conoscono come Mo Farah: nato in Somaliland, territorio autonomo della Somalia dilaniato dalla guerra, arrivato da clandestino nel Regno Unito – come ha rivelato la scorsa estate – sotto falso nome, Mohamed appunto, separato dal fratello gemello e considerato un bambino ’emotivamente e culturalmente alienato’. Ma in quella prima scuola alle porte di Londra, poco distante dall’aeroporto di Heatrow conobbe l’atletica e se ne innamorò, iniziando una carriera straordinaria che lo ha portato a vincere due ori sui 5.000 metri e due ori sui 10.000 alle olimpiadi di Londra 2012 e Rio 2016, sei volte il titolo mondiale, conquistando il record mondiale dell’ora con 21.330 metri e il record europeo sui 10.000 in pista in 26’46″57, e a essere nominato ‘Sir’ dalla regina Elisabetta. Il 23 marzo compirà 40 anni, esattamente un mese dopo sarà sulla linea di partenza della maratona di Londra. Potrebbe essere il suo ultimo anno da professionista e sir Mo guarda al futuro: “mi piace pensare di poter restituire allo sport quello che mi ha dato -dice a LaPresse – ma non ho ancora deciso come”.

DOMANDA. Cosa provi all’idea di essere di nuovo a Londra per la maratona?

RISPOSTA. Sono sicuramente entusiasta di tornare. Penso che tutti sappiano che Londra è un posto speciale per me e il supporto che ricevo dal pubblico di casa è incredibile.

D. Il gruppo degli elite è affollato e agguerrito, cosa ti aspetti per la tua gara?

R. Ogni anno Londra mette insieme un gruppo molto forte, quindi non è una sorpresa per me quanti fantastici atleti sono in gara. Immagino che ci saranno ancora molti atleti insieme a metà strada, lentamente qualcuno di loro inizierà a indietreggiare, e spero di poter essere quello ancora davanti alla fine!

D. Hai vinto tutto in pista, incluse quattro medaglie d’oro. Com’è cambiato il tuo allenamento con il passaggio alla maratona? Qual è la tua distanza preferita?

R. Ho avuto una carriera incredibile e sono molto orgoglioso di tutto ciò che ho raggiunto. Quando sono passato alla maratona non ho dovuto apportare grandi modifiche al mio allenamento, dato che correvo già 120 miglia a settimana quando ero in pista. Si trattava solo di modificare la tipologia di allenamento, quindi diciamo allenamenti intensi con una durata maggiore, o aggiungere chilometri alle mie corse lunghe. Non direi di avere una distanza preferita, mi diverto solo a correre. Quando sono sulla linea di partenza voglio dare il massimo ed essere il più competitivo possibile.

The Big Half 2022 – London

D. Com’è il tuo programma di allenamento? Sei stato vicino a chiudere la maratona in meno di 2h05′, è un obiettivo?

R. Non ho un programma speciale, è solo un lavoro costante. Sono sicuro che faccio le stesse cose di molte persone, faccio ripetute, tempo run, faccio i lunghi, ma la chiave è farlo settimana dopo settimana dopo settimana. Se lo fai, avrai buone chance in gara. Per me al momento, l’obiettivo è solo arrivare sulla linea di partenza in buona salute. Ero in ottima forma 3 settimane prima di Londra l’anno scorso, ma poi mi sono infortunato e non ho potuto correre. Quindi questa volta devo arrivare alla linea di partenza e poi posso pensare a un piano di gara.

D. Pensi che le ‘superscarpe’ stiano cambiando la corsa su strada? Il muro delle 2 ore in maratona sta per essere infranto?

R. La tecnologia è in continua evoluzione e le scarpe sono una parte importante della corsa oggi. Non c’è dubbio che stiano accelerando i tempi, ma è sempre successo con le nuove attrezzature. Di sicuro a un certo punto si correrà sotto le due ore, non so quando o chi ma accadrà.

D. Hai rivelato la tua storia in un documentario, la scorsa estate, dicendo che da bambino sei arrivato nel Regno Unito clandestinamente, con un nome falso. Cosa ricordi della tua vita prima dell’Inghilterra? Sei stato separato dal tuo fratello gemello, cosa hai provato?

R. È stato un periodo molto strano per me perché ero solo un bambino e quindi non capivo davvero cosa stesse succedendo. È stata dura, ma penso che dover affrontare quel periodo mi abbia reso più forte e mi abbia insegnato a sfruttare al massimo ogni opportunità che ho.

D. Hai detto che pensi che questo sarà il tuo ultimo anno in gara. Cosa ti aspetti dal tuo futuro? Hai già dei nuovi piani?

R. Ho alcune idee e alcune opportunità che voglio esplorare una volta che avrò smesso di correre. Mi piace pensare di poter restituire allo sport quello che mi ha dato e voglio ancora essere coinvolto a un certo livello. Se si tratti di allenare o semplicemente di aiutare i bambini a divertirsi, non ne sono ancora sicuro.

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