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Russiagate, Flynn ammette: “Ho mentito all’Fbi”. Pronto a testimoniare contro Trump

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Un nuovo capitolo del Russiagate fa tremare ancora l’amministrazione Trump. Sarebbero stati il genero del presidente americano, Jared Kushner, e l’ex consigliere K.T. McFarland gli influenti membri della squadra di transizione che avrebbero chiesto all’ex consigliere della Sicurezza nazionale americano Michael Flynn di incontrare l’ex ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak, lo scorso dicembre.

Nel primo incontro con il diplomatico russi Flynn, che ha ammesso di aver mentito all’Fbi, avrebbe fatto pressioni perché Mosca aiutasse gli Usa e Israele a ‘affossare’ una risoluzione di condanna degli insediamenti in territorio palestinese. Lo rivela la CNN citando fonti vicine all’amministrazione Trump. Sarebbe stato il premier israeliano Benyamin Netanyahu a chiedere a Trump di fare un’azione di lobby presso il Cremlino.  Nel secondo incontro, invece, Flynn avrebbe invece discusso con l’ambasciatore russo delle sanzioni americane a Mosca.

Adesso l’ex fedelissimo di Trump è stato incriminato per false dichiarazioni all’Fbi, ed è pronto a testimoniare contro il presidente americano, “collaborando pienamente” alle indagini del procuratore speciale Robert Muller e a dichiarare che Trump gli chiese di contattare il Cremlino, inizialmente per far sì che Stati Uniti e Russia lavorassero assieme contro il gruppo terroristico Stato islamico in Siria. La notizia è stata diffusa da Abc News poco dopo che Flynn aveva firmato alla corte del District of Columbia l’accordo sulla propria colpevolezza, dove ha ammesso di aver mentito all’Fbi sui suoi contatti con l’ambasciatore russo negli Usa.

Ha infatti ammesso di aver mentito su alcune conversazioni avute nel dicembre 2016 con Sergey Kislyak, allora ambasciatore russo, su alcune sanzioni che Obama aveva imposto a Mosca per il suo ruolo nel furto di documenti al Partito democratico. Come parte dell’accordo, Flynn ha definito le sue azioni “sbagliate” e ha ammesso che “importanti membri” del team di Trump sapevano delle sue conversazioni con l’ambasciatore. In concreto, secondo la dichiarazione, l’ex consigliere chiamò al telefono membri del team che preparava la transizione del potere da Obama a Trump e parlò anche con loro dei suoi contatti con Mosca.

Flynn si era dimesso a febbraio, dopo che erano state rese note le sue conversazioni con Kislyak. Il processo nei suoi confronti è un esito delle indagini del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate, e prima di lui altre tre persone sono state incriminate nell’ambito delle stesse indagini: si tratta dell’ex manager della campagna di Trump, Paul Manafort, del suo associato Robert Gates, dell’ex consigliere di campagna e avvocato George Papadopoulos.

Intanto, la Casa Bianca ha commentato la vicenda Flynn tramite i suoi legali. “La dichiarazione di colpevolezza o l’incriminazione non coinvolgono nessuno che non sia il signor Flynn”, ha affermato Ty Cobb, sottolineando che le dichiarazioni rese dall’ex consigliere porteranno a una “veloce” e “ragionevole” conclusione delle indagini di Mueller.

La tensione, però, alla Casa Bianca è alle stelle, tanto  da far passare in secondo piano l’atteso pranzo del presidente  con il segretario di stato Rex Tillerson, la cui posizione  appare sempre più in bilico. Anche se Trump su Twitter parla di  fake news: “Abbiamo divergenze – rassicura – ma lavoriamo insieme”.
 

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