La Lega vuole Roma, la Regione Lazio, l’Italia. Matteo Salvini non spolvera un sovranismo ‘all’amatriciana’ per allargare la base di consenso, ma lancia ufficialmente la sua campagna elettorale per prendersi la Capitale e la Pisana: “E’ chiaro che vinceremo le elezioni, ma vogliamo farci trovare preparati per non fare la fine di una Raggi o di un Marino qualunque”. Il leader del Carroccio riempie il Teatro Italia, location scelta non certo per caso (come conferma Claudio Durigon), visto che si trova in una delle zone più popolari e popolose della Città eterna, a pochi passi da Piazza Bologna e Piazzale delle province. Qui si concentrano pezzi di società, tra romani di antica generazione, giovanissimi studenti fuorisede e lavoratori che sono ormai diventati cittadini di seconda generazione, mettendo radici. Salvini parla per ultimo, ascolta i consiglieri municipali, i parlamentari del territorio, l’ex ministra Giulia Bongiorno, poi sale sul palco tra le note evocative del ‘Nessun dorma’ di Puccini (“tramontate stelle…”) e chiama i giovani della Lega con sé. Fa battute e tiene la platea, ma non scherza affatto sugli obiettivi che si è messo in testa.
“Voglio una Roma normale“, dice. Libera da lacci e lacciuoli di cui accusa l’amministrazione di Virginia Raggi: “Voglio la città piena di gru, di operai che lavorano di giorno e notte, di luci accese”. Il pubblico applaude, ma ascolta senza sapere quando tutto questo avverrà. Il leader così tira la stoccata: “Mi auguro che in primavera si possa votare per Roma, il Lazio e l’Italia”. Ovazione. Perché tutto questo si realizzi, però, sono tanti i fattori che dovrebbero incrociarsi, visto che la consiliatura in Campidoglio scade nel 2020, quella in Regione e la legislatura nazionale invece nel 2023.
Salvini spera nel crollo del castello giallorosso, infatti ne piccona il ‘garante’, Giuseppe Conte: “L’arroganza dell’ex avvocato del popolo mi fa venire in mente una frase del film ‘Il marchese del grillo’, quando dice ‘io so io e voi non siete un cazzo”. Per una sera, invece,’ risparmia’ Luigi Di Maio, non citandolo, ma i Cinquestelle ci sono eccome nel suo mirino. Prova a inchiodarli annunciano di attenderli al varco sulla sfiducia al governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, dopo aver combattuto lui e il suo partito, il Pd, in passato. Toni accesi, da piena campagna elettorale. Perché per Salvini è già iniziata l’operazione ‘Presa di Roma’.