Con gli interrogatori di garanzia vengono alla luce le prime ammissioni e verità di almeno alcuni dei nove arrestati nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma. “Nella mia vita non ho mai compiuto nulla di illecito, respingo con forza ogni addebito”, si difende Luca Lanzalone, l’avvocato ex presidente di Acea, sentito per oltre tre ore dalla gip Maria Paola Tomaselli. Lanzalone, finito ai domiciliari il 13 con l’accusa di corruzione, respinge con forza ogni accusa. Secondo la procura, sarebbe stato lui il punto di contatto tra la giunta capitolina e Luca Parnasi: avrebbe aiutato il costruttore romano facendo gli interessi suoi anziché quelli del Comune e ricevendo in cambio la promessa di 100mila euro in incarichi per il suo studio legale.
Da Milano, dove è detenuto nel carcere di San Vittore, Parnasi si avvale della facoltà di non rispondere mentre a Regina Coeli alcuni tra i suoi collaboratori scelgono di parlare e facendo emerge qualche ammissione. In sei sono in carcere perché ritenuti parte di una presunta associazione a delinquere facente capo all’imprenditore che puntava a costruire lo stadio di Tor Di Valle. Rispondono a vario titolo, anche di corruzione, traffico di influenze, frode fiscale, finanziamento illecito. Dei due politici finiti ai domiciliari, si avvale della facoltà di non rispondere il vicepresidente del Consiglio regionale Adriano Palozzi, di Forza Italia, che secondo le accuse avrebbe ottenuto da Parnasi circa 25mila euro per operazioni inesistenti. Mentre il consigliere regionale del Pd Michele Civita, accusato di corruzione, si difende: “Aver chiesto aiuto per mio figlio è stata una leggerezza compiuta in buona fede”, dice alla gip, “non ho mai violato la legge, le decisioni della conferenza di servizio erano pubbliche”.
Il lavoro istruttorio va avanti e l’indagine si allarga: la sindaca Virginia Raggi viene sentita dai magistrati come persona informata sui fatti e il presidente del Coni Giovanni Malagò appreso di essere indagato fa sapere di aver chiesto di essere interrogato quanto prima per chiarire la sua posizione.
Secondo gli inquirenti, nel rapporto tra Parnasi e Lanzalone è il nodo della “corruzione sistemica” che ruota attorno al progetto dello stadio. Lanzalone è il legale incaricato dalla giunta Raggi di seguire la trattativa per la modifica del progetto, e diventa di fatto uno dei più stretti collaboratori di Parnasi: i due, scrive la giudice nell’ordinanza, “procedono all’unisono elaborando insieme strategie che attengono al progetto”. La stretta collaborazione, fa diventare Lanzalone “un soggetto indispensabile per realizzare i progetti” del costruttore, tanto che Parnasi lo soprannomina ‘Mr Wolf’, citando il personaggio che risolve tutti i problemi nel film ‘Pulp Fiction’.
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