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Strage Erba, decisione su revisione il 10 luglio. Difesa: “Dinamiche incompatibili con presenza coniugi”

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Bisognerà attendere il prossimo 10 luglio per la decisione sulla revisione del processo per la strage di Erba. “Troppa carne al fuoco”, ha detto in aula il presidente della Seconda sezione penale della Corte d’Appello di Brescia, Antonio Minervini, prima di fissare il rinvio al 10 luglio per le eventuali repliche prima della camera di consiglio per capire se si andrà avanti oppure se la storia processuale è quella già scritta.

Ieri in aula, nella seconda udienza, è stato il turno della difesa dei coniugi, condannati per la strage di Erba del 2006, quando vennero uccisi Raffaella Castagna, il suo bambino Youssef, di due anni, Paola Galli, madre di Raffaella, la vicina di casa Valeria Cherubini. La difesa di Romano e Bazzi, gli avvocati Nico D’Ascola, Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, ha illustrato, con arringhe durate oltre sei ore, i motivi secondo cui non sarebbero stati i coniugi a compiere la mattanza.

Dalle “nuove prove” emerge una “diversa dinamica” di quanto accaduto quel giorno. “Ci sono tre consulenze che descrivono una dinamica dei fatti completamente diversa da quelli della sentenza e rendono incompatibili Olindo e Rosa come colpevoli della strage di Erba”. “Abbiamo prove non valutate – ha affermato D’Ascola – Nessuno si può permettere di negare la novità di quelle prove”. Ai coniugi sono state fatte “pressioni e promesse”: hanno confessato solo perché credevano che “avrebbero avuto una cella matrimoniale” – Romano la chiederà “sette volte” anche al criminologo Massimo Picozzi che “stava realizzando una trilogia diventata un libro e trasmessa in tv” – senza sapere che “non esistono celle di coppia”. Quando i due, dopo la confessione, “si incontrano sono euforici, sembra che abbiano vinto una vacanza in crociera”.

Schembri passa in rassegna il tema delle confessioni, rese e poi ritrattate dai due coniugi e parla di “prove nuove” rappresentate dalle “intercettazioni ambientali che non fecero ingresso” nel processo e “quindi sconosciute ai giudici”. Romano e Bazzi, confessando, “compiono un atto generoso: Olindo per salvare Rosa e Rosa per salvare Olindo”.

Sotto accusa il riconoscimento “tortuoso” dell’aggressore da parte di Mario Frigerio che “aveva un’amnesia anterograda” per aver “respirato monossido di carbonio”, nell’appartamento dove gli assassini appiccarono il fuoco dopo la strage. Una condizione che ha compromesso “funzioni cognitive importanti”. La sua testimonianza è dunque “falsata”. Secondo i consulenti della difesa, è “scientificamente” impossibile che un ricordo cambi in maniera tanto radicale, passando dalla descrizione di uno sconosciuto a quella di un volto familiare.

Tra le “prove nuove” anche il fatto che la vicina di casa, Valeria Cherubini, tra le vittime, sarebbe stata uccisa nella sua abitazione e non al piano di sotto. Cherubini aveva subito una lesione del “muscolo psoas” che collega le gambe alla parte superiore del corpo: “avrebbe fatto le rampe delle scale, avrebbe raggiunto la mansarda riuscendo a gridare: ‘Aiuto’ come hanno sentito i primi soccorritori: è una ipotesi fantascientifica. La nuova prova introduce che l’assassino o gli assassini erano ancora in casa perché la sentirono gridare”, ma le era stata recisa la lingua nell’aggressione. Inoltre, la traccia di sangue appartenuta a Cherubini sul battitacco dell’auto di Romano “non è mai esistita” per la difesa che mostra in aula una delle foto repertate: “Nel cerchietto rosso con il numero 3 non c’è luminol, ci vorrebbe Houdini”, asserisce Schembri.

Per Luisa Bordeaux, Bazzi ha una “disabilità che crea difficoltà e fa soffrire ogni giorno” e chiede la convocazione in aula dei consulenti dalla cui relazione emerge la “disabilità” di Bazzi e che “con le nuove metodologie scientifiche è ora possibile approfondire”.

Nella prima udienza, lo scorso primo marzo, il procuratore generale di Brescia, Guido Rispoli, e l’avvocato dello Stato, Domenico Chiaro, avevano chiesto alla corte di dichiarare “inammissibili” le richieste di revisione della difesa e del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser. Ieri la difesa ha spiegato, invece, i motivi per cui procedere a un nuovo processo. Ora la parola passa alla Corte d’Appello.

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