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Tod’s verso l’addio alla Borsa con l’Opa dei Della Valle: per gli esperti è un trend globale

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Continua con un nuovo capitolo l’esodo dei big da Piazza Affari. Dalla famiglia Della Valle è arrivato l’annuncio di Tod’s, quello di un’Opa volontaria verso il delisting. Nelle sliding doors che regolano entrata e uscita delle società dal listino milanese si aggiunge quindi la vicenda del calzaturificio e colosso del lusso di Diego Della Valle, con il lancio dell’Opa sulla società a 40 euro per azione e l’obiettivo di ritirare il titolo dal listino. E il titolo ha chiuso la seduta del 3 agosto a Piazza Affari balzando in avanti del 20,29%, a 40,20 euro.

L’andamento in borsa del titolo Tod’s dal 4 luglio al 4 agosto 2022

Per Intermonte – spiega a LaPresse l’investment bank indipendente – lo scenario di questa ulteriore prospettiva di defezione da Piazza Affari “conferma il fenomeno dello ‘spopolamento’ dei listini borsistici che è comunque globale”, emerso nell’ultima ricerca firmata con il Politecnico di Milano, a marzo scorso, sul ‘Flusso di listing e delisting sul mercato azionario di borsa italiana 2002-2021’. Lo studio mette in luce che l’addio ai listini può a volte anche avere una valenza “opportunistica“. E mette pure in guardia dal fatto che se è forte questa tentazione laddove ci siano condizioni attraenti, può però anche “vanificare numerose opzioni future di sviluppo e valorizzazione della società”. “Negli ultimi 20 anni le ammissioni a Piazza Affari sono state 448 (la maggior parte nel mercato non regolamentato EGM, ex AIM Italia) mentre i delisting sono stati 336 (la maggior parte sul listino principale EXM, già MTA). Il saldo netto è comunque positivo e, a fine 2021, è stata superata la soglia record di 400 società quotate (407) a Piazza Affari, con una mutazione del profilo del mercato azionario, più orientato verso le small cap”, rileva Intermonte. Gli analisti della banca di investimento hanno sottolineato nel report “che il fenomeno dello ‘spopolamento’ dei listini borsistici è comunque globale e risente della sempre maggiore concorrenza del private equity e degli investitori istituzionali (grazie alla enorme abbondanza di dry powder e dei bassi tassi degli ultimi anni)”.

Prima della mossa del marchio italiano delle scarpe famoso nel mondo, c’era stato l’addio di Exor a Borsa Italiana per scegliere Amsterdam. Un altro precedente è quello di Leonardo Del Vecchio che per la nascita di EssilorLuxottica ha optato per la quotazione al listino di Parigi. Altri brand della moda tricolore hanno preferito piazze finanziarie estere, come Prada con Hong Kong e Zegna con New York. Sul versante industriale, invece, si profila anche per Atlantia uno scenario di delisting da Piazza Affari.

Le aziende sono in fuga dalla Borsa perché l’orizzonte temporale dei mercati è troppo corto per le loro strategie industriali: è questa la lettura di Filippo Annunziata, professore di Diritto dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Bocconi, intervistato da LaPresse, dopo l’annuncio di Tod’s. Il fenomeno delle società che decidono di ritirare il titolo dal listino di Borsa, “è in atto da qualche anno a Piazza Affari. Non è solo italiano, è una tendenza globale. – spiega Annunziata -. A volte le società lasciano il listino per i costi connessi al mantenimento della quotazione o per ragioni legate a riorganizzazioni societarie più complesse. Oppure, come ha spiegato Tod’s, perché hanno bisogno di lavorare ai loro progetti industriali con un orizzonte temporale di lungo periodo e la Borsa, invece, chiede dei risultati a breve“. Quindi per lo studioso della Bocconi alla base c’è un tema di “sostenibilità”. La nota della famiglia Della Valle sull’Opa parla di “valorizzare i singoli marchi posseduti dalla società, dando loro una forte visibilità individuale e una grande autonomia operativa” per “rafforzare il posizionamento nella parte alta del mercato della qualità e del lusso”. “Altre quotate – fa notare Annunziata – se ne sono andati dai listini motivandolo col problema dei costi e dei non sufficienti incentivi, invece Della Valle ha spiegato la sua scelta come determinata da aspetti industriali che richiedono un’ottica di lungo periodo, mentre la Borsa impone obiettivi di breve termine, e gli investitori misurano in tempi più stretti i risultati”. “Peraltro – aggiunge il docente – nella legislazione internazionale stiamo proprio lavorando per puntare su uno sviluppo sostenibile non nel breve”.

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