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Tunisia affronta la storia, vittime dittatura testimoniano in diretta tv

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La Tunisia fa i conti con la storia. Ieri sera sono cominciate le testimonianze pubbliche di vittime della dittatura davanti alla Instance vérité et dignité (Ivd), cioè la ‘Commissione verità e dignità’, l’istituto a cui è stato affidato l’accertamento della verità per la giustizia di transizione. E le testimonianze sono avvenute in diretta televisiva, davanti agli occhi di migliaia di cittadini tunisini incollati agli schermi. Oggi è prevista una seconda serata, a partire dalle 20.30. A rilanciare le immagini molte emittenti, da Al-Watania 1 ad Al Hiwar Ettounsi, e l’Ivd mette a disposizione uno streaming sulla sua pagina Facebook.

Per l’appuntamento con la storia è stato scelto un luogo-simbolo: il Club Elyssa di Sidi Dhrif, vicino Tunisi. È in questa residenza che la moglie di Ben Ali, Leila Trabelsi, era solita tenere ricevimenti lussuosi. E per la verità è stato scelto anche un periodo-simbolo: si avvicina infatti il sesto anniversario della rivoluzione. Dopo stasera, gli appuntamenti successivi sono previsti per il 17 dicembre e il 14 gennaio. Date simbolo appunto: il 17 dicembre del 2010 il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si diede fuoco a Sidi Bouzid, avviando inconsapevolmente la rivoluzione tunisina; e il 14 gennaio del 2011, meno di un mese dopo, Ben Ali fuggì in Arabia Saudita a seguito della rivolta.

A rompere il ghiaccio con la prima testimonianza è stata ieri sera Ourida Kadoussi, madre del martire della rivoluzione Raouf Ben Kaddous, di Regueb, nel governatorato di Sidi Bouzid. “Il processo della giustizia di transizione è la nostra ultima speranza per conoscere la verità sulla morte dei nostri cari”, ha detto. Poi si è rivolta direttamente all’ex dittatore: “Ben Ali, so che ci stai guardando. Ti invito a donare ai bisognosi i soldi che spendi per gli avvocati, questo forse cancellerebbe i tuoi peccati”.

Per circa tre ore si sono succeduti ieri sera i racconti di vittime e parenti di vittime. Il tutto alla presenza di personalità come il leader del Fronte popolare Hamma Hammami, il leader di Ennahda Rached Ghannouchi e il segretario del sindacato Ugtt Houcine Abassi. Ma in assenza, pesante, del presidente Beji Caid Essebsi e del premier Youssef Chahed, nonché del presidente del Parlamento Mohamed Ennaceur. “Loro non vogliono sentire la verità”, ha denunciato Hammami, del cui Fronte popolare facevano parte Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, vittime dei due omicidi politici post rivoluzione (rispettivamente il 6 febbraio e 25 luglio 2013).

Fra le testimonianze, anche quella della vedova di Kamel Matmati, un islamista arrestato e ucciso a Gabes nel 1991. “Mio marito è stato picchiato dalla polizia in prigione fino alla morte”, ha raccontato Latifa, che ha però scoperto della morte del marito solo nel 2011. E ancora Sami Brahm, che ha raccontato delle torture subite in otto anni di carcere, dopo essere stato arrestato nel 1989 per sospetti legami con islamisti: ha ricordato di come è stato legato a un palo e gli sono state spente addosso sigarette sul corpo nei tanto temuti interrati del ministero dell’Interno.

L’Instance vérité et dignité è stata creata a dicembre del 2013 con la Legge della giustizia di transizione. Il suo mandato è di cinque anni, durante i quali dovrà scoprire la verità su violazioni dei diritti umani e crimini commessi nell’arco di tempo compreso fra il 1955 (cioè un anno prima che la Tunisia ottenesse l’indipendenza dalla Francia) e dicembre 2013 (cioè il momento della sua stessa istituzione). In pratica l’Ivd dovrà fare luce su violenze e misfatti compiuti sotto Habib Bourguiba, leader dell’indipendenza della Tunisia dalla Francia e primo presidente del Paese, e sotto la dittatura di Zine el Adbidine Ben Ali, cacciato nel 2011, dopo 23 anni al potere, dalla rivoluzione popolare che diede il via alle Primavere arabe.

Sono oltre 62mila i dossier ricevuti finora dalla Commissione verità e giustizia. Numero che, come sottolinea Amnesty International, “dimostra la sete di verità e giustizia che ha il popolo tunisino”. Due i filoni dei quali si dovrà occupare l’Ivd: da una parte le violenze e le violazioni dei diritti umani; dall’altra i cosiddetti ‘crimini economici’, cioè per esempio la corruzione e l’appropriazione indebita di beni dello Stato. Nell’ambito di questa seconda categoria hanno presentato dei loro dossier due membri della famiglia Ben Ali, Imed Trabelsi e il genero Slim Chiboub.

Amnesty sottolinea tuttavia anche un punto fondamentale: “il vero test che affronta il processo di giustizia di transizione in Tunisia è di vedere se alla fine riuscirà a portare a procedimenti in sede penale per i crimini degli scorsi decenni, che finora sono rimasti senza indagini e punizioni adeguate”. L’Instance vérité et dignité ha il potere di trasferire casi al sistema giudiziario vero e proprio e dovrebbe anche occuparsi dell’arbitrato nei casi dei cosiddetti ‘crimini economici’. Nel presente, intanto, ciò che queste audizioni pubbliche lasceranno ai tunisini sarà senz’altro la consapevolezza, la memoria comune, di 58 anni di storia del Paese.
 

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