È ancora in stato di fermo in Turchia Cristina Cattafesta, osservatrice elettorale italiana per conto dell’Hdp bloccata nella provincia sudorientale di Batman da domenica, giornata delle elezioni parlamentari e presidenziali. Le autorità locali l’hanno trasferita nella foresteria di un centro di detenzione per stranieri: non trascorrerà una seconda notte in carcere. Per la donna, milanese di 62 anni e presidentessa del Cisda, il Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane, è caduta l’accusa di propaganda terroristica, ma passeranno ancora delle ore prima di sapere se potrà far rientro in Italia. A far nascere il sospetto che fosse legata al Pkk è stata una bandiera del Partito dei Lavoratori del Kurdistan comparsa sul suo profilo Facebook. La posizione di Cristina è ora al vaglio dell’ufficio immigrazione turco. Al suo fianco c’è il marito Edoardo e gli avvocati.
“Il foglio di via potrebbe arrivare martedì mattina. In tal caso sarà espulsa”, spiega a LaPresse Silvia, sorella dell’attivista. “Cristina è libera dall’accusa di propaganda terroristica, ma non di tornare a casa”, racconta. “Il suo compagno, Edoardo, è l’unico del gruppo italiano arrivato in Turchia a cui è stato permesso di starle vicino in carcere”, spiega. “Nel caso in cui dovesse arrivare il foglio di via, Cristina potrà far rientro in Italia, che è ciò che ci auguriamo, ma le verrò proibito di tornare in futuro in Turchia. L’ufficio immigrazione potrebbe però prolungare i tempi, e questo significherebbe un allungamento della faccenda”. Per la sorella, in costante contatto con gli avvocati di Cristina, il cognato e gli amici con cui la coppia si era recata in Turchia, “il fatto che non sia stata condannata per propaganda terroristica è una grande gioia”.
A confermare lo stato di fermo, lunedì sera, è la Farnesina, che fa sapere di seguire il caso “con massima attenzione insieme all’ambasciata di Ankara e in stretto rapporto con le autorità locali per prestare ogni possibile assistenza”. Oltre alla 62enne nella giornata di domenica altri tre cittadini italiani, poi rilasciati, erano stati fermati in provincia di Diyarbakir. Lunedì mattina l’agenzia di stampa turca Anadolu citava fonti del ministero dell’Interno turco coperte dall’anonimato secondo cui “gli stranieri non erano accreditati e non erano osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce)” e “nonostante questo si sono presentati come osservatori e hanno provato a interferire con le elezioni”.