Poesia, filosofia e denunzia. Con la ‘z’. È questo il fulcro del nuovo album di Vinicio Capossela, ‘Ballate per uomini e bestie’, in uscita venerdì 17 maggio. Il cantautore, come sempre, nei testi mette la sua visione dell’attualità attraverso metafore, simbolismi, similitudini. E niente come questa epoca, che definisce “il Medioevo dei nostri giorni”, poteva ispirarlo per raccontare nuove storie universali. Quattordici ballate che raccontano le sfaccettature di questa nuova umanità. A partire dal web e dai social network, nel brano ‘La peste’. Attenzione, però, non sono loro ad essere la malattia che porta alla “scomparsa dei vincoli sociali”, ma sono semplici “strumenti di contagio, veicolo di divulgazione”. In fondo, spiega, “non si può accusare l’aria di portare la peste. La peste è la corruzione morale, la rete è lo strumento”. Come, ad esempio, successo nel caso di Tiziana Cantone, cui è dedicato il brano, morta suicida dopo la diffusione sul web di alcuni suoi video privati. “Chi ha guardato quelle immagini – è la posizione di Capossela – ha contribuito a dare una coltellata a quel corpo, ma non se ne ha la percezione. C’è da elaborare un’etica di consapevolezza”.
Ma c’è spazio anche per ‘Il povero cristo’ che evidenzia la croce più grande che ci portiamo: “Accettare che per vivere bisogna invecchiare e poi morire”. Simbolico anche il video del brano, che ha anticipato l’uscita dell’album. Girato a Riace, in provincia di Reggio Calabria, “un luogo dove si è tentato di mettere in atto la buona novella, cioè ama il prossimo tuo come te stesso, e dove è stata negata questa possibilità”. E poi, spazio alla paura, “strumentale al potere e a cui in questo momento si lavora in maniera industriale”, alla critica alla pena di morte e al carcere “come strumento di oppressione”, riferimenti a Keats, San Francesco, Oscar Wilde. E l’elogio a ‘La lumaca’, umile, piccola, lenta. E la religione, intesa come ritualità, spettacolo, punto di accesso alla natura.
C’è tanto in queste 14 ballate di impronta medievale, forse troppo per il momento discografico che viviamo, dove la musica è usa e getta e nessuno si concentra su ciò che ascolta. Vinicio lo sa, ne è consapevole, ci scherza su: “Visto che non ho la voce per diventare neomelodico, provo almeno ad essere neomedievale. Ma ho fatto un lavoro di profondità, mi interessava la forma di ballata che non è fatta per dire le cose in poco tempo. Sono stato travolto dai rapper – ride – non ho nessuna speranza di farcela. Ora vanno di moda le canzoni orecchiabili che durano poco, la ballata è il contrario ma ti permette di raccontare delle storie”.
Storie che Capossela, da sempre, racconta benissimo sul palcoscenico. Come accadrà nel tour nei teatri in partenza il 25 maggio da Sermoneta (Latina), per proseguire a giugno, luglio e agosto e riprendere in autunno, ad ottobre, nei più importanti teatri classici, di tradizione ed enti lirici.