Sono circa 1 milione le madri in Italia – il 21% del totale – che affermano di essere state vittime di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20.000 bambini ogni anno nel nostro Paese.
Sono solo alcuni dei dati emersi dalla fotografia scattata, per la prima volta in Italia, dall’indagine nazionale ‘Le donne e il parto’ realizzata per indagare il fenomeno, sommerso e ancora poco conosciuto, della cosiddetta ‘violenza ostetrica’, cioè l’appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico.
La ricerca, nata su iniziativa dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (istituito e fondato da Alessandra Battisti e Elena Skoko) è stata condotta dalla Doxa e finanziata dalle associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus. I risultati della ricerca sono stati presentati questa mattina, a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, alla presenza, tra gli altri, dell’onorevole Adriano Zaccagnini e del senatore Maurizio Romani. L’iniziativa rappresenta il proseguimento e l’evoluzione della campagna d’informazione e sensibilizzazione #BastaTacere: le madri hanno voce.
Grazie all’indagine Doxa ‘Le donne e il parto’, condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, con almeno un figlio di 0-14 anni, sono stati analizzati i diversi aspetti e momenti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto: dal rapporto con gli operatori sanitari alla tipologia di trattamenti praticati, dalla comunicazione usata dallo staff medico al consenso informato, dal ruolo della partoriente nelle decisioni sul parto al rispetto della dignità personale.
L’indagine ha rilevato che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate. Un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la definisce una pratica “dannosa, tranne in rari casi”. L’episiotomia è, a tutti gli effetti, un intervento chirurgico che consiste nel taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva. Rispetto alle lacerazioni naturali che spesso si verificano durante il parto, tale operazione necessita di tempi più lunghi per il recupero con rischi anche di infezioni ed emorragie.
“Dai racconti che molte donne ci avevano fatto – spiega Elena Skoko, fondatrice e portavoce dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVO Italia) – eravamo a conoscenza del fatto che per tante di loro l’assistenza al parto era stata un’esperienza traumatica. Per questo motivo, lo scorso anno, abbiamo promosso la campagna #bastatacere sui social media. Per capire meglio la portata del fenomeno: hanno aderito così tante donne, in così pochi giorni, che presto la campagna è diventata virale. Con la nascita dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica anche nel nostro Paese, abbiamo deciso di fare un passo in avanti per cercare di tratteggiare i confini di un fenomeno ancora sommerso di cui però, chi l’ha vissuto, porta con sé le cicatrici tutta la vita, arrivando anche a decidere di non avere più altri figli. Ora sappiamo che il fenomeno è ancora più diffuso di quanto temessimo”.